mercoledì 30 dicembre 2009

merzouga-dadés

facciamo colazione con tre italiani di udine, roma e torino. hanno un mese di tempo e se la prendono comoda col viaggio. oltre a farsi parecchie canne... venire via da merzouga andando verso nord comincia già a sapere di ritorno, ma non ci facciamo caso, il viaggio è ancora lungo. chiediamo a omar di accompagnarci in un villaggio appena oltre merzouga, dove è nata la musica gnawa. ci fermiamo a vedere e ascoltare lo spettacolino di rito a beneficio dei turisti, compriamo due cd e ripartiamo. la mancia a omar è molto più che meritata.
prendiamo la scorciatoia che taglia er-rachidia, la strada è solitaria e il paesaggio ancora desertico. passiamo una zona costellata di pozzi che sembrano dei piccoli vulcani con sopra un piccolo argano. sono centinaia, in pieno deserto fanno effetto. accando ci sono delle tende berbere e bancarelle. l'effetto è un po' di autogrill del deserto.
passiamo dalle gole del todhra attraversando un'oasi a fondovalle, e arrivando a una stretta gola dove però passa anche la strada. con i pullman di turisti toglie molta della poesia del luogo, che altrimenti sarebbe affascinante. fa impressione tornare in zone così frequentate da turisti, dopo i silenzie gli spazi del deserto. camminiamo un paio d'ore sulla strada nella valle, incontriamo di nuovo i ragazzi di roma conosciuti a merzouga e anche i nuovi vicini di casa di greta. il marocco è grande, ma il mondo è piccolo.
la salita nella valle del dadés è surreale, la strada è tutta curve e al buio totale non abbiamo idea di che razza di posti stiamo passando, potrebbe essere una vallata ampissima come delle gole strettissime. finalmente troviamo l'albergo consigliato dal proprietario di quello di merzouga, molto accogliente ma freddissimo. il riscaldamento in camera è fatto con una bombola di gas con sopra un bruciatore, non ci fidiamo a lasciarlo acceso di notte, e lo mettiamo, spento, sul balkcone.
ceniamo davanti al caminetto con due ragazzi spagnoli e una improbabile coppia, lui austriaco e lei portoghese, sedicenti viaggiatori a tempo pieno. di nuovo parliamo un misto di francese inglese e spagnolo, ne esce un'altra serata piacevole con anche i due proprietari dell'albergo.

lunedì 28 dicembre 2009

merzouga

quattrocento foto in un giorno vuol dire che si son viste delle cose belle. partenza alle dieci col cammello, con piccola emozione: il mio cammello non ha voglia e lo fa capire alzandosi mentre ci sto salendo, disarcionandomi. rapido scambio di cammelli e cammelliere, e si riparte. scopriremo più tardi che ogni cammello ha il suo cammelliere preferito, e le coppie di cammelli non si cambiano perché gli animali hanno molte simpatie e antipatie tra loro.
la prima tappa è per il pranzo, in tenda, dopo due ore di camminata sulla sabbia, dall'altra parte dell'erg. ci fermiamo in un villaggio abbandonato. conosciamo due ragazzi di torino, giovani e simpatici che però commettono un errore: ci chiedono quanto abbiamo pagato la gita, e loro l'hanno pagata più del doppio di quanto abbiamo pagato noi. al momento ci rimangono male, ma si rifaranno al ritorno.
dopo il pranzo, il té, una sigaretta e due passi tra le rovine del paesello, riprendiamo il cammino su una distesa di sassi neri e lucidi, fino a tornare alla sabbia fino alla base della grande duna, dove c'è l'accampamento. arriviamo in tempo per scalare faticosamente la duna per vedere il tramonto da lassù. lo spettacolo è unico, da un lato si vde merzouga, il lago e le montagne dell'antiatlante con il sole che vi tramonta dietro, dall'altra parte, oltre le dune, il deserto contornato dai monti che segnano il confine con l'algeria.
ogni tenda ha un tappeto e un tavolino davanti, come una piccola veranda. omar il cammelliere ci serve lì la cena, il solito tajine di pollo la cui bontà è una certezza anche nel deserto. poi omar accende il fuoco in una buca, con la legna che aveva raccolto intorno al villaggio a pranzo. mi chiama, ci sediamo a parlare e pian piano arrivano gli altri cammellieri e gli altri turisti. ci sono tedeschi, americani, indiani e spagnoli. qui si parla un gramelot divertente ed efficace, si iniziano le frasi in francese e si finiscono in spagnolo, con parole italiane e inglesi nel mezzo, per conlcudere con l'immancabile insciallah. i cammellieri parlano quasi ogni lingua, in preferenza francese e spagnolo. la serata scorre tranquilla raccontandoci barzellette e ascoltando i racconti dei cammellieri berberi. sono tutti giovanissimi, sembrano contenti del loro lavoro.
andiamo a dormire presto perhcé domattina ci dovremo alzare presto, la luna è quasi piena e nasconde le stelle, i sacchi a pelo sono anche troppo caldi manel complesso si sta davvero bene.
omar ci sveglia alle cinque, giusto il tempo di raccogliere i sacchi a pelo e lavarci i denti, e si riparte. facciamo tappa dopo un'oretta su una duna a vedere l'alba, mentre il resto dell'accampamento si sta svegliando. noi siamo partiti per primi, intorno a noi non c'è nessuno, omar è stato perfetto anche a farci partire così presto, e si siede accanto a noi a veder sorgere il sole, sembra quasi di cogliere un momento di malinconia anche nei suoi occhi che vedono queste albe ogni settimana. il silenzio è rotto solo dal frullo dei passeri che si godono l'ultimo fresco prima che si faccia giorno pieno.
quando arriviamo all'albergo e scendiamo dal cammello per la colazione, ho la sensazione che il mio culo non sia stato mai così felice.

domenica 27 dicembre 2009

zagora-merzouga

la giornata inizia con un altro piccolo contrattempo: in tutto l'albergo manca l'acqua, e aspettiamo a letto che arrivi. inutilmente, perché arriverà solo dopo che avremo rinunciato a lavarci per non partire troppo tardi: la tappa di oggi è lunga.
in compenso a colazione conosciamo una coppia belga, che viaggia in bicicletta. nonostante l'apparenza un po' sprovveduta, sono tosti: hanno fatto quattro mesi e mezzo in giro per mautirania, algeria, marocco. organizzano viaggi e stanno girando per organizzare un giro con un gruppo per l'anno prossimo. chissà che non mi venga in mente di contattarli... mi lasciano il loro sito: www.rouletabosse.be. oltre che interessante l'incontro è utile: ci hanno consigliato una kasbah dove andare a dormire quando ripasseremo da ait benhaddou, dove non ci siamo fermati perché diluviava. a loro dire è molto bello, e anche a giudicare dalle foto che ci hanno mostrato.
tappa lunga ma di grande soffisfazione, con maesaggio via via più desertico e panorami sempre più ampi. incrociamo i primi chammelli che ci attraversano la strada davanti. vicino a rissani guadiamo un ouad in piena, pranziamo su una terrazza ad alnif con ottimi spiedini di carne e tajine di verdure e zafferano. il menù è più o meno sempre fisso: spiedini e tajine. tutte queste verdure stufate cominciano ad avere un blando effetto lassativo... ma niente maledizione di montezuma, per adesso.
a erfoud veniamo convinti a entrare in un negozio di una famiglia mista berbera-tuareg, partono con la solita ostra di tappeti ma ci salviamo mostrando competenza in gioielli tuareg. l'anello di g. risvuote molta ammirazione e rispetto, e prendiamo due monili in acacia e lapislazzulo e argento, sembrano davvero belli. poi nell'immancabile trattativa (iniziata a 1100 e finita a 600) entrano due turbanti tuareg, e piccolo corso su come indossarli. è stato un incontro piacevole, con più chiacchiere che commercio, spiegazioni della cultura e racconti da entrambe le parti. ci rimettiamo in macchina per merzouga in tempo per vedere un bellissimo tramonto davanti alle dune.
l'albergo è proprio davanti alle dune, con intonaco in fang e pagliaanche se la struttura è recente. noi e un altro gruppetto di tre italiani siamo gli unicic lienti, tra crisi e nevicate (aeroporti chiusi) la stagione gli sta andando male. l'albergatore è grafevole, chiacchierone e un po' invasivo, ma con la penuria di clienti c'è da capirlo. abbiamo fissato con lui per la gita in cammello di domani sulle dune. i cammelli sono parcheggiati dietro l'albergo, praticamente è come se fossimo sulle piste.

sabato 26 dicembre 2009

ouarzazate-zagora

emozione mattutina, greta ha lasciato il borsello con documenti e carte di credito al ristorante, per fortuna alle 930 è già aperto e il borsello è lì appeso alla sedia che ci aspetta.
visita guidata alla kasbah di taourirt, con un anziano signore che ci fa da guida improvvisata. è molto simpatico, sarà una falsa guida ma senza di lui la kasbah ci sarebbe sembrata solo una serie di stanze senza senso. ovviamente poi ci ha trascinati nel negozio di tappeti, ma abbiamo fatto capire con decisione e (spero) gentilezza che non avremmo comprato e ci hanno lasciati liberi. altre montagne fino ad agdz, con rocce stratificate di tutti i colori e forme, passi e sallite e tornanti e camion, e viste mozzafiato: non riusciamo a non fermarci a fotografare il panorama ogni volta che ci si apre davanti una nuova vallata.
dopo agdz cambia tutto: la valle è lussureggiante di palme, palmeti e palmizi. orti e ksour e kasbah come se fosse un'unica enorme città fino a zagora.
purtroppo non abbiamo il coraggio di addentrarci nelle kasbah senza guida, ma non abbiamo spiccioli per pagarne una. regaliamo mezza bottiglia di coca a un gruppo di bambine che escono da un vicolo.
zagora sembra più ricca di quanto la sua posizione sembri giustificare, ma non offre nulla. torniamo a dormire al bivio della strada gialla per rissani. domani ci aspetta il lungo tappone desertico.

venerdì 25 dicembre 2009

marrakech-ouarzazate

ripassare dal mercato di bab doukkala senza pioggia è doveroso, la strada riacquista l'aria di mercato vero, frequentato solo dai marocchini, dei loro polli e carretti ad asino. l'asino è l'apecar marocchino.
al noleggio tutto ok, fatichiamo un po a trovarlo, ma sono gentili, chiamano per noi la guardia del tizi 'n'tichka per verificare che la strada sia aperta. ci danno una 206. purtroppo l'accendisigari non funziona e il gps muore dopo cinquanta chilometri, comunque sufficienti per guidarci fuori città e sulla giusta via.
l'atlante è spettacolare anche con la pioggia, soprattutto il versante nord. valli tortuose con rocce di tutti i colori, e orti e casette accanto al fiume. tornanti in mezzo a rocce delolate e scosese fino al passo, a 2200 m. ci fermiamo a pranzo in un posto a caso, dove mangiamo ottimi spiedini di agnello e patate fritte tagliate a mano, verdure e cipolle allo zafferano e arancia e banane alla cannella.
questo posto andrebbe nominato sulla lonely...
fino a ouarzazte è un'ampia vallata che ricorda la valle della morte; con gli ouad che allagano la strada ad ogni curva.
ad ouarzazate l'albergo è un po' fuori città ma molto bello, le stanze sono chiuse da chiavistelli e lucchetti. ceniamo in un ristorante francese, caro per gli standard marocchini, ma veramente ottimo e soprattutto dotato di qualche bottiglia di vino. ho assaggiato il cammello, buono anche se un po' fibroso, e un cosciotto di agnello glassato con grasso d'anatra, fenomenale.
il piccolo mercato di ouarzazate fa molto contrasto con quello di marrakech. non esiste il turismo, nessuno ti attira vociando alla sua bancarella, finalmente ci rilassiamo girando per le bancarelle.

giovedì 24 dicembre 2009

marrakech

autobus dall'aeroporto al centro, l'autista gentilissimo si inventa una fermata a bab doukkala per il nostro albergo. seguiamo indicazioni da un baracchino, poi da un bar, poi da una tintoria e ci infiliamo in una viuzza di negozi di polli e di spezie, intasata di carretti trainati da asini, con i negozianti che cercano di spazzare l'acqua che allaga la via. sono completamente impreparati alla pioggia. pochi tombini, e le strade non hanno pendenza. le pollerie vendono polli vivi, morti, spennati, a pezzi o uova, a scelta. le gabbie dietro il bancone sembrano un braccio della morte, ma non fa impressione. molto più naturale che non gli allevamenti in batteria con macelleria meccanizzata. il motto del giorno è non guardare i polli.
ci arrendiamo, un ragazzino ci guida fino all'albergo e non se ne va per meno di tre euro, con due faceva la faccia offesa.
albergo splendido, una piccola corte quadrata con sei stanze che ci si affacciano. dormiamo per riprenderci dalla notte insonne intanto che smette di piovere.
quando usciamo è asciutto, passiamo l'intera giornata a vagare per djemaa-el-fna tra incantatori di serpenti, venditori d'acqua, donne berbere che ci fanno i tatuaggi con l'henné, e un pranzo anonimo in una via lì vicino perché il mercato non è ancora aperto, credo per via della pioggia. i carretti arrivano alla spicciolata, e nel pomeriggio tutto si anima, arriva la gente e ci inoltriamo nel souk alla ricerca delle ciabatte. gli scarponcini da trekking son comodi ma ogni tanto ci vuole un po' di sollievo. la strategia che si rivela vincente è andare nella bottega dell'unico che non ci richiama con insistenza. lì si può parlare tranquillamente, l'acquisto diventa dialogo.
prendiamo il té su una terrazza, poi ceniamo ai banchetti: grigliata mista e fritto di pesce. la giornata finisce in relax, con té alla menta sui divanetti dell'albergo, con l'ipnotica musica gnawa.

mercoledì 23 dicembre 2009

milano-marrakech

ancora a causa delle nevicate di due giorni fa, i voli sono in ritardo, soprattutto il mio. dovevo partire alle 21, parto alle 24 dopo una serie di delayed senza alcuna spiegazione (né alcuno a cui chiederne). l'idea di andare a fare un paio di ore di sonno prima del volo successivo sfuma immediatamente, poi comincio a temere di perdere il volo da madrid. arrivo alle tre, giusto il tempo di ritirare il bagaglio, uscire dal terminal, rientrare dalle partenze e mettermi in coda per il check-in. arriviamo alle otto a marrakech, sotto il diluvio.

lunedì 14 settembre 2009

su e giù per i colli del mincio

e mincio, che colli! per scaldarsi, la salitella del colle di san martino della battaglia, quello con la torre con la bandierona italiana che si vede dall'autostrada. a seguire la rocca di solferino, che ne vale veramente la pena, con tanto di visita all'ossario e al memoriale della croce rossa. ecco la salita è breve, ma talmente ripida che la croce rossa in cima ci vuole davvero (battutona tristissima). comunque, questo è il posto dove è nata l'idea della croce rossa, in mezzo a quarantamila morti. in un giorno solo, eh. un'enormità.
poi c'è la battaglia di goito, quella del ponte semidistrutto, con una sola spalletta che resta su e che regge l'attacco dei bersaglieri, al loro battesimo del fuoco. peccato che goito sia in pianura, non c'è la collinetta col monumento in cima, e la cosa oggi perde un po' di poesia. in compenso accanto al ponte c'è un antico mulino, dove vale la pena fare due passi.
la macchina del tempo continua fino a curtatone, alle porte di mantova. a mantova è bene arrivare durante il festival della letteratura, possibilmente sapendo che c'è un'amica con cui mangiare un panino, fare due chiacchiere e ridersela anche un po' addosso per la tenuta da ciclista. in effetti solo tra ciclisti non ci si prende in giro per la tenuta da ciclisti. credo che per i carabinieri sia più o meno uguale.
lasciata mantova inizia il bello: si sale fino a roverbella e valeggio sul mincio con l'intenzione di passare da monzambano per finire il giro delle battaglie, peccato che a valeggio le indicazioni le abbiano rubate gli austriaci, e ci si trova persi dalle parti di custoza, che è una zona veramente ma veramente bella. lì c'è anche la storia del tamburino sardo, che potete anche cercarvela da soli tanto è famosa. insomma custoza è piaciuta così tanto che di battaglie di indipendenza ne ha avute addirittura due. lì si conferma la regola che le battaglie importanti si combattono sui colli o sui ponti, e oggi quei colli sono circondati da vigne e sormontati da cipressi, con al centro una torre o un obelisco. ciclisticamente vuol dire salite dure, per fortuna brevissime. valgono la pena, tutte.
insomma da custoza il ciclista ormai smarrito non ha alternative, deve seguire le indicazioni per l'autostrada più vicina, in modo da seguire la statale che le corre a fianco e capire se peschiera è a destra o a sinistra. scoprirà che è a sinistra, avendo sbagliato rotta di una quarantina di chilometri. l'intenzione originale era di fare novanta chilometri, si troverà ad averne fatti centotrenta: il modo migliore per superare i propri limiti è sbagliare strada.

giro delle battaglie del mincio
128,52 km
5h 12m
24,67 kmh
53 kmh max
711m dislivello
158 bpm medi

giovedì 25 giugno 2009

reims-parigi

è andata. ce l'ho fatta. non che abbia lai pensato di non farcela, ma questa volta è una soddisfazione. partire da casa direttamente in bici, arrivare qui con una maglietta con scritto milano-paris 2009. per strada qualcuno se ne accorge e mi guarda. avere una bicicletta a parigi fa pensare di essere di qui. oggi sono andato in giro a caso per tutto il giorno; guardandomi intorno come un bambino, snobbando i percorsi turistici: solo la torre eiffel, perchè volevo fare una foto al bicio che se la merita. si è comportato bene.
la tappa è stata lunga ma dalle previsioni sapevo che avrei avuto il vento a favore; e così è stato dall'inizio alla fine. ho attraversato i colli dallo champagne, la valle della marna. mi sono fermato a aulnay, praticamente all'aeroporto di roissy, per non rischiare di non trovare posto in città. gli ultimi chilometri li ho fatti ieri senza bagagli, arrivando alla villette. sarà che è il primo quartiere di parigi che ho visto, ma me ne sono innamorato.
oggi l'ingresso ufficiale, piccolo trionfo personale. come traguardo ho scelto una lavanderia automatica, ci ho rovesciato dentro tutti i bagagli.

reims-parigi
159,23 km
6h50m
22.5 kmh medi / 59.62 max
1427 m dislivello (alla faccia della pianura francese)
133 bpm medi / 160 max

verdun-reims

anche detta la strada della libertà. è costellata di cimiteri di guerra, della prima guerra mondiale. dopo le ardenne, le argonne e la mosa. milioni di morti, eserciti di morti. sepolti nei posti dove si sono combattute le battaglie, dove sono morti come topi, nelle trincee. cimiteri francesi, inglesi, tedeschi, polacchi, americani e italiani. sono passati quasi cent'anni, ma a vederli ancora fanno impressione. mentre pefalavo cercavo di guardarmi intorno e immaginare quei colli dolci, in quegli anni, attraversati dalle trincee, interrotti dai cavalli di frisia, scossi dai bombardamenti e avvelenati dai gas. chissà quanti sono ancora lì, sotto i campi di grano o di papaveri. ogni tanto nei campi spunta una casamatta, o una porta fortificata. la guerra si è combattuta anche sottoterra.
il vento a favore della prima metà della tappa mi si è messo contro negli ultimi venti chilometri; l'arrivo è stato molto faticoso. reims è la prima vera città dopo basilea, con un bel centro storico pedonale, ok la cattedrale e lo champagne, ma non sono qui per pregare o per ubriacarmi...

verdun-reims (senza h)
123.26 km
5h17m
23.28 kmh medi / 53.32 max
687 m dislivello
131 bpm medi / 155 max

luneville-nancy-verdun

mai, mai, MAI fermarsi due notti in un posto senza prima averlo visto, almeno di sfuggita. se a verdun non ci avessero combattuto la battaglia più lunga e sanguinosa del '900, nessuno ne avrebbe mai sentito parlare. in compenso ci sono un bel po' di centri commerciali finalmente, e ho potuto fare un po' di manutenzione alla bici; la catena cominciava a lamentarsi per le incrostazioni di morchia che doveva portarsi addosso.
ho pêrso un po' di tempo a girare per nancy, ne valeva la pena. non ha molto, ma la piazza centrale è spettacolare. per il resto tappa abbastanza monotona e pesante, con il vento contrario dall'inizio alla fine, la strada che ha giocato a rimpiattino con i nuvoloni, evitando gli scrosci d'acqua che cercavano di acchiapparmi, finchè loro non si sono coalizzati mettendosi davanti, tutti affiancati, e non c'è stato più niente da fare. gli ulti,i 30 km li ho fatti sotto l'acqua, bagnato fino all'osso. i bagagli sono rimasti asciutti però. prima di verdun mi sono fermato nel negozietto di una fattoria che veneva i suoi prodotti, più per stare un po' all'asciutto che per fare acquisti. ho chiacchierato con un ciclista locale, che vigliaccamente aveva telefonato alla moglie per farsi venire a prendere in macchina (e non mi ha nemmeno offerto un passaggio).

luneville-verdun
130 km
6h18m
20.70 kmh medi / 56.23 max
1039 m dislivello
132 bpm medi / 161 max

basilea-friburgo-luneville

(aggiornamento onnicomprensivo postumo)
da basilea a friburgo ho davvero battuto la fiacca. non andavo, non ce la facevo. uno di quei giorni in cui con la bicicletta non c'è niente da fare, sarebbe meglio lasciarla in cantina. per fortuna ho cambiato percorso, perchè quello che avevo in mente, 140 km con un passo a 1400 al centro della foresta nera, non sarei riuscito a finirlo. la mia idea era di arrivare presto a friburgo, visitare la città al pomeriggio, e poi passare la giornata dopo a grare in bici per la foresta nera. in bici e non a piedi perchè il piede destro mi fa un male cane: dopo 10 minuti che cammino vedo le stelle. a un certo punto a zurigo mi sono accorto che la gente per strada mi guardava, poi mi sono reso conto che non era perchè stavo zoppicando, ma perchè ad ogni passo gemevo, senza accorger,ene. non so se può essere una conseguenza della caduta, perchè ha cominciato a farmi male due giorni dopo, ma gredo di si', perchè è stata la pri,a volta che camminavo davvero dopo la caduta. per fortuna pedalando non sento niente, probabilmente la forma e la rigidità della scarpa da bici aiutano. meglio cosi'.
insomma, ho cambiato i programmi ma non avevo considerato la pioggia. il secondo giorno ha piovuto SEMPRE!!! niente foresta nera, e pochissimo giro per friburgo, giusto per andare a infilar,i in uno starbucks e passarci il po,eriggio a leggere.
friburgo è splendida. credo sia una città universitaria, piena di giovani e di vita. locali, concerti (tranne quando ero li' io, ovviamente). e vanno tutti in bici. tutti eh, non per dire. giovani e vecchi. genitori col bambino nel carrello, vecchietti che dribblano i tram con nonchalance. fuori dal cenro mi sentivo a disagio a piedi, perchè ero l'unico pedone. venti bici ogni macchina e ogni pedone, forse anche di più. ovvio che le bici vadano sui marciapiedi, visto ceh nn ci sono pedoni. ovvio che vqdqno contromqno, non essendoci macchine. ovvio che rispettino i semafori, essendoci bici anche dall'altra parte dell'incrocio!

per ripartire ho deciso di saltare strasburgo, e puntare dritto su nancy. avrei risparmiato un giorno, con l'intenzione di arrivare un giorno prima a parigi e cercare un albergo con più calma. da quella lontana notte su una spiaggia della costa azzurra, trovare porto per dormire è rimastala mia ossessione. ho passato i vosgi al col du bonhomme, a quasi 1000m. in cima stava passando la marcia parigi-colmar; i primi li ho incontrati quando mi mancavano un paio di chilometri al colle, e quelli delle vetture di appoccio mi applaudivano, mi dicevano bravò, mi dicevano dai che ci sei quasi e poi c'è la discesa. mi sono commosso. in cima mi sono fermato ad applaudire quelli che scollinavano salendo dall'altra parte. un signore che stava fotografando la gara mi ha chiesto da dove venivo e dove andavo, e si è messo a fotografarmi. peccato non aver avuto indosso la maglietta con l'itinerario...
luneville è una piccola cittadina a 30 km da nancy. negli ulti,i chilometri il vento mi si è messo contro, e non ce l'avrei fatta ad arrivare alla città. in compenso ho trovato un kebab buonissimo da una famigliola simpatica, e un hotel veramente carino accanto al castello. ormai sono entrato nella zona dei castelli, si nota che la germania è ormai lontana.

basilea-friburgo
85 km
4h13m
20.15 kmh medi
51.9 kmh max
428m dislivello
122 bpm medi / 157 max

friburgo-luneville
167 km
7h36m
21.93 kmh medi /56 max
1034 m dislivello
144 bpm medi / 169 max

mercoledì 17 giugno 2009

zurigo-basilea

facnulo, io il post l'avevo scritto, poi me l'ha fottuto. e io non ho voglia di riscriverlo. inventatelo voi.
per la cronaca: sono a basilea e sto bene e mi piace.
ciao.

martedì 16 giugno 2009

airolo-zurigo

voi che i viaggi li fate in macchina, correndo sulle autostrade e bucando le montagne nei tunnel, voi non saprete mai cos'è l'ultima curva della salita. non conoscerete il pavè si una strada antica, la nebbia che si apre su un passo di montagna. voi non vedrete le gole, non sentirete la polvere d'acqua di una cascata bagnarvi il viso. non sentirete mai il rumore e il calore del vostro stesso fiato, perchè non andrete mai alla stessa velocità del vento che vi spinge.
voi non vi tufferete in discesa toccando terra solo con lo spessore di un dito, non vedrete mai una rondine volarvi accanto per cento metri, alla vostra stessa velocità, facendovi credere di volare voi stessi; non avrete mai, per un solo attimo, l'impressione che quella rondine vi stesse guardando.
voi non conoscerete la gioia di un arrivo, perchè non avrete provato la fatica. non sentirete l'odore e lo sciabordio della riva di un lago, perchè la strada che farete bucherà la montagna, mentre la mia la aggirerà, a picco sull'acqua e nascosta alla vista dagli alberi. non costeggerete quattro laghi, uno diverso dall'altro, salutando quelli che incrocerete e che condividono la vostra stessa fatica. non avrete paura di non farcela in salita, o di rischiare troppo in discesa. non sentirete freddo fuori e caldo dentro, non cintinuerete superando l'arrivo prefissato, perchè satarete troppo bene per fermarvi. e soprattutto, non farete tutto questo in un giorno solo.

airolo-zurigo
150km
7h 26m
20,23 kmh medi
68,35 kmh max
1568 m dislivello
143 bpm medi
165 bpm max

giubiasco-airolo

airolo sembra una cittadina nata per la costruzione della galleria del s. gottardo, nel 1882. le gallerie si costruiscono? o si dice che si scavano? vabbè. in ogni caso non c'è assolutamente niente, giusto un po' di ristoranti per i motociclisti di passaggio. perchè gli automobilisti passano sull'autostrada, si infilano nel tunnel e sbucano dall'altra parte. del passo non gliene frega niente. sembra che qui si fermino solo i nostalgici della vecchia strada del passo.
avrei dovuto farmi forya e tentare la salita oggi. sono arrivato alle 1430, con un tempo splendido e caldo. ora verso i monti è nuvolo, con ammassi minaciosi e grigi che nascondono le vette. se non migliora, non è il tepo ideale per fare la scalata.
sono seduto al ristorante (sì, quello che ha come specialità i gamberoni alla griglia... qui) e continuo a guardare il passo. ü magnetico. frugo il bosco con li occhi a cercare la strada, i tornanti più alti si vedono sporgere dai fianchi della montagna. cerco di indovinare il passaggio della galleria. le rondini volano alte e questo mi fa ben sperare. tutt'al più mi bagno, prendo freddo ma dall'altra parte ci arrivo, fosse acnhe spingendo la biciclettaq a piedi. oggi ho rimpianto le discese di ieri: la tappa non era lunga, ma completamente in salita. altri 1000 metri, in 65 km non è molto, ma i primi 30 km erano piatti, e la salita, dopo, con strappi duri, peggiorati dal caldo.
giubiasco-airolo
64,5 km
3h 34m
17,93 kmh medi
40 kmh max
1051 m dislivello
143 bpm medi
173 bpm max

sabato 13 giugno 2009

il battesimo dell'asfalto

mi ci sono voluti vent'anni e dieci viaggi in bici, per assaggiare l'asfalto. e quattro chilometri da casa. che poi è impressionante come nello spazio tra la sella, il cofano di una punto e l'asfalto si riescano a pensare un sacco di raffinatezze, tipo: ecco ora se mi faccio male non posso piü finire il viaggio (in svizzera le tastiere non hanno la u con l'accento, contentatevi neh), ma se non mi faccio abbastanza male poi lunedi' mi tocca tornare a lavorare, e riprendere in mano quel progetto che avevo così elegamtemente rifilato. anzi no: se mi si rompe la bici e io non mi faccio male il viaggio salta proprio, ci rimetto la bici che ormai ha vent'anni e vaglielo a dire che per me non vale solo cinquanta euro come per l'abruzzese della fiera di senigallia. il primo istinto è di controllare che le ruote girino dritte. poi di stare in piedi. poi di riuscire a far girare le caviglie e appoggiare le mani al manubrio. poi è partita la raffica di insulti. e visto che un cancro al culo non si nega a nessuno, gliel'ho augurato di cuore. solo qualche botta e graffio, niente di grave. la bici è stata protetta dai bagagli, e in dieci minuti sono ripartito. mi ci sono voluti una ventina di chilometri per smaltire l'adrenalina, durante i quali ho maturato il giuramento di non fare mai più viaggi (ho trovato come si fa la ù, gioite) che comprendano pezzi in italia.
finalmente la civile svizzera, culla della democrazia e dei rifugi antiatomici, e delle piste ciclabili. il rispetto per il ciclista è totale, se uno vi fa il pelo potete star sicuri che sia un italiano.
nella vallata tra ponte tresa e il monte ceneri mi si attacca uno svizzerotto panzone e ciclista, in salita non riesce a starmi dietro ma in discesa (eh perchè son pesante, dice, senza pensare che io ho i bagagli) mi riprende, e mi attacca il bottone. ma dove vai ma dove vieni ma dove dormi ma quanti bagagli. poi in cima al monte ceneri (l'ho staccato di cinque minuti abbondanti) nota la maglietta con il percorso, e si illude che siamo in tanti... un altro. no. son da solo. io pedalo da solo. è così difficile da credere?

km 121
5h 27m
22 kmh medi
63 kmh max (la discesa del monte ceneri non era così terribile, ma bella ripida)
dislivello 949 m
battiti medi 155
battiti max 183 (l'adrenalina dell'incidente, immagino)

venerdì 12 giugno 2009

in carrozza

e così sono pronto a partire. come sempre ho l'impressione di aver dimenticato tutto, di non essere pronto, di non sapere dove andare e cosa trovare. ma è questo che mi piace, un briciolo di inconsapevolezza, un po' di incertezza per uscire dal binario quotidiano dell'agenda, dei tempi noti, del sapere al lunedì cosa succederà fino a domenica, e oltre. quello che ho dimenticato lo comprerò per strada, quello che non so che c'è non lo vedrò, e in compenso tutto quello che incontrerò sarà una sorpresa.
il bicio è pronto. io sono allenato, un po' approssimativamente ma a sufficienza. domani mattina si parte.

mercoledì 10 giugno 2009

il giro delle streghe

a triora avrei voluto andarci da tempo. ma ogni volta che sono a sanremo vado in barca, e mi rimane in mente la curiosità di andare a vedere quel posto, con le leggende delle streghe e le case di pietra. ci voleva un fine settimana di brutto tempo, troppo brutto per le crociere ma non per i corsi, e allora eccomi con la bici nel bagagliaio, e una cartina in tasca. la nuova ciclabile fino ad arma di taggia è veramente bella, ovviamente un po' troppo trafficata di tricicli e roller per i miei gusti, ma è bella larga e ci si passa comunque. il tracciato della vecchia ferrovia è perfetto per le bici: in riva al mare, senza salite o curve brusche. sei chilometri perfetti per scaldarsi in santa pace, e ha liberato quel pezzo di aurelia dai ciclisti.
la valle argentina è bella, non ripida ma selvaggia, con il torrente sassoso che serpeggia tranquillo in basso. poi sale, la strada attaccata alla roccia e poi nascosta nel bosco, fino a molini di triora. rispetto al levante qui sembra una natura diversa, più rigogliosa, meno coltivata. come se i boschi qui non fossero mai stati toccati, gli olivi sono solo sul mare e non se ne sono allontanati. dopo molini si fa sul serio, si sale di mille metri in tredici chilometri ma è tutta nel bosco, all'ombra. mi piacerebbe saper riconoscere gli alberi per sapere che dai lecci si passa ai castagni, poi dai castagni ai nonsocomesichiamano, poi finalmente agli abeti, a mille metri. lì la strada spiana ma è piena di buche, il vento è freddo e consiglia di coprirsi, anche perché una volta scollinato il langan la discesa è ripida e stretta, e il vento di ponente infilandosi nella valle si è raffreddato. ma la vista è impagabile: si esce dal bosco in cima al colle, e si scende tra le radure dei pascoli. quando la strada si allarga è una gioia, scendere a cinquanta all'ora senza fatica, verso il mare.

colle del langan
km 91
4h 5m
22,17 kmh
dislivello 1447 m
150 bpm medi

il meglio del soviore

sono sempre stato convinto che il meglio del soviore fosse il panorama. come santuario non dice granché, è chiaramente stato costruito in un punto di passaggio obbligato di merci e genti, per foraggiare di oboli la chiesa e di acqua e cibo i viandanti. oggi ci si trovano i vecchietti, a prendere il fresco e a guardare giù, verso il mare. ci ero sempre andato in macchina, nemmeno sospettavo che ci fosse quella stradina da fare in bici. ora so che il meglio del soviore è arrivarci da lì.
non avevo voglia di fare il gioco dell'interrogatorio milanese, se non ci si è sentiti per vent'anni significa che non c'erano motivi per farlo, e va bene così. poi ho visto pietro in bici, e ho detto perché no, pedaliamo insieme, facciamo due chiacchiere. ed è stato un bene. la salita accompagna le chiacchiere tra una rampa e un discorso, ed è bella. la strada a mezzacosta di lavaggiorosso la conoscevo già, inizia con una bella rampa poi sale regolare, attraversando i paesini della vallata di levanto, arroccati sugli spuntoni di roccia. una volta la gente ligure era saggia, costruiva le case dove c'era roccia: così non c'erano fondamenta da scavare, non si rischiava di costruire su una frana, e soprattutto non si occupava terreno buono da coltivare.
poi quella rampetta, sulla sinistra, che non avevo mai visto. praticamente la pendenza di una rampa da box, cento metri da fare in apnea per arrivare sulla costa del monte, il displuviale (quanto mi piace questa parola) tra il mare e l'entroterra. la stradina serpeggia immersa nel bosco, con due vallate ai lati, e in qualche punto fortunato si riesce a vederle entrambe, contemporaneamente. senza una macchina, solo qualche cacca di cavallo a far capire che ogni tanto ci passa qualcuno. profumo di bosco e frusciare di foglie. si vede che montale è di queste parti.
dopo soviore incrociamo orde di ciclisti più agguerriti di noi, tutti a ripercorrere la cronometro che resterà nella storia, la crono più bella e difficile di tutti i tempi. in discesa le scritte per terra sono solo un lampo rosa sotto le ruote.

bonassola-soviore

mercoledì 20 maggio 2009

il giro sarebbe questo

dici che devi ancora allenarti ma io devo andare, per preparare le alpi mi serve questo. secondo me ce la fai, se vuoi ti presto la bici vecchia: sei alto quasi quanto me, e il tuo telaio è troppo piccolo. comunque il giro sarebbe questo. e queste le salite, all'andata (1 2) e al ritorno. dislivello totale circa 2000 m, anda e rianda 120 km. ci si mette la giornata, si va piano perché l'importante è arrivare, e il panorama in cima è mozzafiato. incluso omaggio al monumento ai caduti partigiani.
al limite mi precedi in macchina a varese ligure e facciamo insieme solo la salita finale, che è la più bella.
oppure l'alternativa è sempre la spiaggia.

pensaci, gap.

domenica 17 maggio 2009

bella lì

la val nure è splendida, non c'è che dire. ampia e verde che sembra accogliente. a maggio al mattino la temperatura è anche gradevole, si sale e si pepe a meraviglia, con solo uno strappetto a metà, giusto per ricordarsi che si deve anche andare in salita. la strada sale piacevolmente, il vento mi porta in faccia il profumo delle robinie in fiore. a ferriere piccola sosta per salutare fabri, fuori dall'ufficio è ancora più simpatico. mi chiedo cosa spinga la gente a vivere in un posto così: paese carino, non c'è che dire. ma è a cinquanta chilometri dal centro civilizzato più vicino... che poi è piacenza, insomma vabbé.
il mercatello mantiene la promessa della valle. la primavera in montagna è rigogliosa, i pascoli sono in fiore (immagino che siano pascoli, anche se di mucche non ne ho viste). i primi due chilometri son duri, anche se dall'altimetria non sembrerebbe. secondo me non c'è da fidarsi, quello non era un 4,5%. poi sale regolare fino ai novecento metri, dove inizia a spianare e ci si gode la soddisfazione di essere in cima. la discesa verso la val trebbia sarebbe anche bella, se non ci fosse del brecciolino in ogni curva e alcuni pazzi che salgono facendo finta di essere al rally.
la val trebbia invece è più brutta di come la ricordavo: praticamente un'autostrada, e con il vento contro è stata una sofferenza. per fortuna verso rivergaro mi sorpassa un tizio improbabile, in sella a un cancello pesantissimo, in bermuda e con il casco coperto da un berretto jamaica rastafari che fa sembrare che sotto ci sia una montagna di dreadlocks... io ero veramente cotto, decido di fare uno sforzo e mi ci metto dietro, altrimenti sarei rimasto piantato lì. lui non si scompone e tira a trentasei all'ora, e io felice dietro. noto che nella tasca posteriore ha pure le sigarette. è giovane, mi chiedo se alla sua età anche io tiravo a quella maniera. ci diamo qualche cambio, sorpassandoci ci facciamo piccoli gesti di intesa. arrivati a piacenza mi chiede se so la strada per la stazione, è di milano e gli offro un passaggio, mi sembra il minimo dopo che mi ha tirato per dieci chilometri. in macchina canticchia e suona il ritmo con le mani sulla borraccia, parla molto gggiovane, è divertente. ci voleva un po' di compagnia.

piacenza-passo del mercatello-piacenza
129 km
5h 29m
23,9 kmh
154 bpm
1293 m dislivello

sabato 7 marzo 2009

milano-melegnano

il senso è cercare di evitare il più possibile le statali. cercare le stradine tra i campi, quelle dove male che vada incontri un trattore. il pezzo tra liscate e villa pompeiana è splendido, tutto a gomiti che viene da chiedersi a cosa servono tutte quelle curve in una pianura che più piatta non si può. certo, a seguire i confini delle proprietà, ma è più bello pensare che chi ha tracciato la strada fosse ubriaco, o pensasse alla goduria del ciclista della domenica (anche quando pedala di sabato).

km 77,5
3h 18'
23,4 km/h media (ma al ritorno c'era un cazzo di ventaccio contrario)
42,2 km/h max
190 m dislivello (praticamente qualche cavalcavia)
15 °C
bpm medi 157. il nuovo cardio non dà le calorie, purtroppo.

lunedì 23 febbraio 2009

con le mani nere di grasso

il corso comincia a servire. forse ci sarei riuscito comunque, ma avrei dovuto guardare i pezzi più a lungo per capire come muoverli, e sicuramente le mie indecisioni e i miei tentativi avrebbero fatto molto meno colpo. invece mi piace avere qualcuno che mi guarda e mi sostiene mentre faccio andare le mani, più su una bici che su una tastiera.
per farla breve il ferro frenava col ferro... ehm. i pattini dei freni erano completamente andati, e andati pure male. smontare e rimontare solo quelli sarebbe stato troppo poco, allora ho smontato tutto il freno anteriore, perché non mi andava che non stesse mai dritto. la molla era spezzata. il perno è piegato. con soddisfazione ho visto che i freni sono di quelli buoni della universal, con le ganasce piene. peccato che la universal non faccia più i freni (forse non esiste nemmeno più), e il perno nuovo non esista! ho pulito tutto e rimontato con molla nuova e perno vecchio, pulito e ingrassato anche le rondelle. ho pure rimesso il pippolo!
in compenso qualche raggio della ruota anteriore si è saldato al nipplo, per cercare di sbloccarli ne ho rotti due. ora ho un fascio di raggi nuovi da montare. la posteriore continua a perdere raggi come un sole malato, ormai non li conto nemmeno più, ne ho fatto scorta.

per il bicio ho preso le scarpe nuove, e che scarpe! ancora non ho deciso quale sarà il suo futuro, ma mi serviva dargli un segnale di apprezzamento e di vita. si comincia con le gomme un po' più larghe, poi proverò a girarci un po' in città. credo che metterò una pipa più corta per averlo più maneggevole, abbasserò un pelo la sella e troverò dei bei pedali cittadini, tenendo da parte i vecchi per i viaggi. ho ancora le gabbiette da qualche parte. il futuro è cicloturistico puro (forcella nuova per montare il portapacchi anteriore?) o fissato (configurazione molto da decidere: mi piacerebbe il 42/18 per la città, ma anche un 52/18 o 16 da provare in pista...). di sicuro verrà fuori un gran bel mezzo all'altezza del suo nome.

domenica 25 gennaio 2009

si riparte



dopo due mesi di neve, gelo e pioggia, si ricomincia. questa sosta forzata mi ha lasciato addosso una spossatezza enorme, per la prima volta ho sentito il bisogno di muovere i muscoli, di svegliarli. normalmente la prima uscita dell'anno è una violenza che subisco come una medicina amara, o come una condanna. stamattina invece mi sono infilato la tuta invernale con un senso di sollievo, per niente spaventato dal termometro che diceva 4, insistente e cocciuto.
c'è un momento in cui mi sento ridicolo, quando parto al mattino per andare in bici. è quello che va dall'uscita dal portone alla prima pedalata. togli i coperchi alle tacchette, indossa la fascia paraorecchie, il caschetto, i guanti. azzera il contachilometri, fai la spaccata per salire su quella trampolona che è la bici. poi passa.
non divaghiamo. insomma, prima uscita dell'anno per me, della vita per la bici. i chili di natale si sentono, oh, se si sentono. è come se la pancia premesse da sotto il diaframma impedendo di respirare. e ogni pedalata, quando spinge in su la coscia contro la ciambella, è un senso di colpa bulimico. il risultato è che il cuore fa una fatica bestia, non ci vuole stare nel limite. sembra di soffocare. la gamba però c'è, la testa anche. il culo meno, molto meno. in due mesi si perde l'abitudine alla sella, altroché. bene, ora so su cosa devo lavorare, so che ancora una volta, anche a quarant'anni, arriverà un momento, intorno a giugno, in cui sarò contento di come starò pedalando. e allora la pianura smetterà di sembrare una salita.
(e comunque rivolta d'adda è venti metri più in basso di milano, ora lo so)

p.s. la bici nuova è bellissima. leggera, fluida, bilanciata. morbida. piacevole. ho solo fatto la cazzata di metterci su la compatta. vedrò alle prime salite se ho fatto bene. per ora ne dubito.
(foto: barbara parolini)