lunedì 23 settembre 2013

bicio due volte (cartoline dall'adda)

il bicio è rinato a nuova vita, ha lo stesso colore di prima ma più luminoso, le cromature fighissime e il cambio campagnolo della sua stessa età, che all'epoca non mi potevo permettere. il lavoro mi è costato quanto l'avevo pagato nell'ottantanove. praticamente l'ho pagato due volte, ma ne valeva la pena.
ne approfitto per allenarmi sullo sterrato della martesana, e per provare la nuova bici vecchia.

come ogni settembre, la martesana è in secca.
i pesci si raccolgono nelle pozze più profonde, sono trote di mezzo metro. gli operatori (non so di che genere, ma decido che si chiamano operatori) li pescano con le reti e li spostano in grandi vasche caricate su furgoni, confido che la destinazione non sia una pescheria.

intorno i vecchietti della zona rosicano: "ma quelle bestie lì dov'è che sono, quando ci stiamo noi qui a pescare?"

a vaprio trovo un blocco, il tizio della protezione civile mi lascia passare ma dice che devo scendere e spingere. dopo una curva capisco il motivo, c'è il sindaco che sta inaugurando una passerella sul naviglio. a me sembra che non porti da nessuna parte, ma a giudicare dalla quantità di gente presente dev'essere l'evento dell'anno per vaprio d'adda.

a trezzo c'è un cantiere serio con ruspe e trivelle dentro l'alveo del naviglio. hanno interrotto l'alzaia, ma senza un cartello che avvisi per tempo. con un gruppo di ragazzi proviamo ad aggirare il cantiere passando in riva al fiume, ma non si riesce a passare, tantomeno con il bicio in spalla e con le scarpette da bici. bisogna tornare indietro fino a vaprio.

la centrale di trezzo, vista dal baretto in riva all'ansa del fiiume, è bellissima. sembra un enorme castello decò adagiato sulla riva. mi chiedo se è ancora in funzione, o se è visitabile.

lo sterrato è un po' peggio di come lo ricordavo, ma con le gomme larghe il bicio se la cava alla grande. devo solo stare attento a non fare curve strette, altrimenti la ruota anteriore sbanda. in compenso la catena nuova non si parla con il pignone vecchio, e in salita salta ad ogni pedalata. devo riportarla dal marnati, temo che ci sarà da cambiare tutto il pacco pignoni. dopotutto ha venticinque anni, sarebbe anche ora.

a lecco torno sull'asfalto, spingo come un dannato nei quattro maledetti chilometri di superstrada, il punto dove c'è solo quella ed è un passaggio obbligato. poi mi godo la strada, mi rendo conto di quanta fatica in più costi la ghiaia solo quando torno sull'asfalto.

a varenna mi fermo a riempire le borracce e ne approfitto per sciacquare via un po' di polvere dal bicio. si fermano due signori con un ragazzino, con bici ipermoderne. ci salutiamo (i ciclisti si salutano, come i tranvieri e i motociclisti), e mi fanno notare che la mia bici non è in carbonio, come se non lo sapessi. gli dico dell'eroica, sembrano interessati, "ma noi le bici vecchie le abbiamo date via".

riesco ad arrivare a colico, le soste mi hanno fatto perdere tempo ed è ora di tornare, ma son felice di sentire che avrei potuto proseguire ancora.
devo decidermi a provare le salite, altrimenti all'eroica ci sarà da ridere.

milano-lecco-colico via martesana
120km
5h30
senza computer, come una volta

martedì 10 settembre 2013

la cenere dell'uomo bruciato

la parte più difficile del rientro nel mondo di tutti i giorni è fare i conti con la mancanza dei sorrisi. laggiù ci si abitua a incrociare lo sguardo con chiunque, sorridere e salutarsi. è un modo di dire "io esisto, tu esisti". di riconoscersi, di dirsi che non siamo soli e che non abbiamo nulla da temere. tornato a milano (anzi, già a san francisco), mi accorgo che le persone non si guardano in faccia. io le guardo, e loro guardano da un'altra parte. per strada sembra che tutti abbiano problemi di cervicale, camminano con il collo rigido per non far vedere dove guardano, per fingere di essere soli al mondo e che per strada non c'è nessun altro. e io mi sento scemo, a guardare qua e là come un bambino. ma sono felice di essere un bambino.
così ho avuto un momento di felice stupore, quando mentre stavo per mangiare il mio panino, a pranzo, mi son sentito salutare. stavo guardando un bambino in passeggino, che mi guardava perplesso. gli ho sorriso, ma il "ciao" timido che ho sentito non veniva da lui. veniva dal padre. si è avvicinato e sottovoce mi ha detto "ho fame". gli ho dato il panino, e sono andato a comprarne un altro.
ora ho capito perché la gente qui non si guarda e non sorride. perché qui se uno sconosciuto ti parla, è perché vuole qualcosa. e tu quel qualcosa non glielo vuoi dare.
e io finché riesco continuerò a incrociare gli sguardi, a sorridere e salutare. anche a costo di dargli il mio panino. che tutto sommato non mi ha fatto sentire male. anzi.

lunedì 9 settembre 2013

burning man 2013

la sabbia è talmente sottile che viene chiamata polvere. è alcalina, secca la pelle e la catena della bicicletta, corrode la suola delle scarpe. il miglior rimedio è l'aceto. dopo un giorno ho il naso intasato di polvere cementata con il sangue. ci sono quaranta gradi di giorno, cinque di notte, e ogni tanto il vento forma mulinelli di polvere bianca che accecano. giro costantemente con occhiali da sci e benda contro la polvere. i bagni sono chimici, l'acqua per la doccia è razionata. faccio due docce in otto giorni. cinque minuti dopo la doccia sono uguale a prima.
benvenuto a casa.
un cinema nel punto più remoto del deserto proietta biancaneve e i sette nani alle quattro del pomeriggio (proiezione riservata ai bambini, posti esauriti) e to be or not to be alle due di notte.
ci sono gli autoscontri, a pedali.
un palo, bianco, lontano da tutto. di notte si illumina con una fila di led. scuotendo la testa a destra e sinistra appaiono un'esplosione nucleare, un razzo in decollo, nelson mandela, una rosa, una donna nuda, il dalai lama. dopo venti secondi si perde l'equilibrio e gira la testa.
una foresta di fogli di carta su un materasso di pelo bianco. la carta fa il solletico, a cinquanta gradi si sente freddo.
cerchietti di plastica, orecchie di pelo e colla a caldo.
prendi il vestito che vuoi, è tuo. se non ci entri, ecco le forbici per tagliarlo.
vieni a bere un bicchiere di champagne con noi.
una distesa di costellazioni colorate in cui pedalare.
un ufo precipitato a terra.
una radio trasmette musica classica.
yoga con musica dal vivo.
un generatore di gnocca.
il rocky horror picture show.
una fila di palloncini bianchi lunga due chilometri segue la forma del vento.
la processione dell'accensione dei lampioni con le lampade a olio.
un gelato nel deserto.
un bar con divani di pelle e le porte da saloon. una ragazza nuda fa la gara di capriole con i suoi amici.
un giardino zen.
ivan ha una camicia a fiori e un biglietto da visita. e basta.
un asceta con un tarocco attaccato al pisello.
ho lasciato il tuo cuscino di carta con la falena sull'altare. è bruciato con il tempio la domenica sera. è stato il mio modo di dirti addio con il fuoco.
gli italiani sono più bravi a usare il cric da camion per estrarre i tondini.
centocinquanta spritz serviti da un secchio.
babbo e mamma natale con il culo di fuori.
pane caldo e formaggio.
un galeone che naviga a vela nel deserto. sopra ci sono cinquanta persone che ballano.
ho regalato tre biciclette, una tenda, un portabici, cinquanta maschere veneziane, centocinquanta spritz.