lunedì 14 novembre 2011

wayanad

biryani
il biryani è una ricetta di origine persiana, portata in india durante un'invasione di cui se volete sapere qualcosa andate su wiki.
per farla serve una gamella di cipolla, quindici grammi di menta, altrettanto coriandolo e aneto, tutto l'aglio che riuscite a farci stare e parecchio zenzero. peperoncino verde, pomodoro fresco, foglie di curry (che in italia ovviamente non esiste, e non si riesce a portare dall'india perché va usato fresco. riuscireste a portare il basilico fresco in aereo per quindici ore?). poi uvetta, cardamomo, semi di finocchio, curcuma e coriandolo in polvere, cannella e anice stellato. pare che la ricetta originale conti diciotto ingredienti diversi.
da una parte si fa una padella con olio di cocco o ghee, quando è sciolto ci si mette la metà delle spezie. quando il cardamomo si spacca si mette la cipolla: 700 grammi per un chilo di riso.si frullano o si pestano 75 grammi di aglio con 15 di ginger e 2/3 del peperoncino, poi si mettono in padella e si gira per trenta secondi. quando si sente il profumo si aggiungono 5 grammi di curcuma, 15 di coriandolo e, se lo voglio piccante, anche altro peperoncino. aggiungo 500 grammi di pomodoro finché non si scioglie, allora aggiungo 75-100 grammi di yogurt. se non voglio mettere yogurt metto del limone per dare la stessa acidità. aggiungo patate, fagiolini e carote tagliati a pezzetti, rigorosamente di sbieco, e lessati con la curcuma. poi aggiungo coriandolo, aneto e menta.
da un'altra parte soffriggo in 150ml di ghee o olio le altre spezie, il riso sciacquato e poi lasciato a bagno 15 minuti, 150g di cipolla, foglie di curry (vedi sopra). quando la cipolla è appassita aggiungo un litro e mezzo di acqua e 45/60g di sale. quando il riso fa la schiuma spengo il fuoco, copro e lascio che assorba l'acqua (questa parte non mi convince molto).
a questo punto le due parti dovrebbero essere pronte più o meno contemporaneamente: in una pentola metto tutto a strati: riso, verdure, riso, erbe, verdure, riso, verdure, riso. sopra ci metto acqua di rose, ghee e garam masala (che ovviamente non ricordo cos'è, credo un misto che si trova solo lì), zafferano. contorno il bordo della pentola con un rotolo di pasta, per sigillare il coperchio. rimetto sul fuoco per due minuti, o in forno per cinque minuti a 180 gradi (in tal caso lascio il riso un po' al dente).
quando porto in tavola e apro, tutti nel raggio di 500 m sapranno che lì c'è del biryani.

domenica 13 novembre 2011

nilgiri express

e il consiglio si è rivelato prezioso. arriviamo in stazione alle 5.30, c'è già coda allo sportello del capostazione, passaggio obbligato per fare il salto di classe, e passare dal limbo della lista d'attesa al lusso del posto assicurato. l'ufficio è ancora chiuso. lo ignoriamo, e troviamo le transenne della coda per la waiting list. siamo i primi. poco dopo arrivano due ragazzi indiani. il vagone dei viaggiatori senza prenotazione è occupato per metà dal vano portabagagli, che lascia spazio per tre soli scompartimenti. trenta persone. se facessero salire in rigoroso ordine di lista d'attesa, saremmo fuori.
alle 6 arriva il treno da coimbatore, e la stazione improvvisamente si anima, si riempie di gente. la coda si allunga, fortunatamente un poliziotto affianca il capostazione per tenerla ordinata. qui i poliziotti sembrano molto poco marziali, ma quando danno un ordine vengono presi molto sul serio. abbiamo finalmente la certezza che saliremo sul treno, e ci rilassiamo.
il poliziotto ci controlla i biglietti e ci fa salire per primi, indicandoci perentoriamente dove dobbiamo sedere. non discutiamo. man mano che la coda si svuota, comincia uno strano balletto di gente che, avendo trovato un posto, cerca di farsene assegnare uno migliore. il capotreno gioca a tetris con persone e valigie, c'è gran fermento e non si capisce più quali posti sono occupati e quali liberi. noi restiamo buoni buoni dove ci è stato detto: i nostri posti ci vanno bene, e non abbiamo voglia di muovere gli zaini da sotto i sedili.
il poliziotto però non è d'accordo e mi chiede di nuovo i biglietti. mi dice you have been upgraded, con tono serio. ci fa prendere armi e bagagli e lo seguiamo al vagone successivo, quello di seconda con prenotazione. ci indica due posti accanto a un finestrino rotto, sostituito con un pannello di legno. io busso con la mano sul pannello e guardo il poliziotto. un americano (tutti quelli magri e tristi con i capelli grigi sono americani, anche se son tedeschi) ci guarda rassegnato e scuote la testa, lui da lì non si muoverà, non ha il coraggio di lamentarsi e non vedrà nulla. io dico al capotreno che preferivamo i posti di prima. il poliziotto scuote la testa pure lui, come davanti a due stranieri ingrati che non apprezzano il suo sforzo. però funziona: ci spostano due scompartimenti più avanti, vicino a un finestrino integro.
il treno parte, e veniamo immediatamente adottati dai nostri compagni di viaggio: una grande famiglia indiana. tre sorelle, mariti, figli, amici e parenti. è domenica, e la gita sulle blue mountains è ambita anche dagli indiani. ci offrono da mangiare (riso e daal a colazione), ci fanno tutte le domande di rito. quando il treno fischia urlano. quando entriamo in galleria urlano. quando la locomotiva a vapore arranca in salita, e il treno si muove a balzi come una cinquecento imballata, spingono dondolandosi, e noi urliamo e ci dondoliamo e ridiamo con loro. è una festa gioiosa. il ritmo degli stantuffi diventa un battito di mani, il battito di mani diventa un canto, tutte le cinquanta persone del vagone cantano insieme, noi battiamo le mani e ridiamo con loro.
nelle soste per riempire d'acqua la caldaia scendiamo e facciamo le foto, compriamo samosa e polpette di verdure fritte. le scimmie vengono a chiederci da mangiare con espressioni umane. hanno imparato l'orario del treno, e ogni mattina sono lì ad aspettare i turisti. attraversiamo piantagioni di té, la nostra famiglia indiana è sempre più allegra. la donna che fa da interprete con gli altri è chiacchierona, dice che gli italiani le piacciono perché non sono come gli inglesi, a cui non piace la compagnia degli indiani. noi ci divertiamo, siamo grati al poliziotto per l'inspiegabile e inatteso cambio di classe.
nelle soste guardiamo gli altri turisti occidentali più organizzati di noi, che avevano prenotato per tempo il loro posto in prima classe, e non viaggiano con gli indiani. hanno l'aria annoiata, non si parlano tra di loro, non parlano con la gente di qui, per loro ci sono solo il treno e il panorama. noi abbiamo il calore delle persone, gli odori e i sorrisi. siamo felici di essere viaggiatori disorganizzati.
ci colleghiamo un momento in internet dal cellulare e scopriamo che berlusconi si è dimesso. quando ci chiedono di cantare qualcosa in italiano l'unica scelta possibile è bella ciao. siamo in india, su un treno a vapore, a duemila metri di quota, in mezzo a una famiglia indiana, e cantiamo bella ciao mentre loro battono le mani e già al secondo ritornello cantano con noi: bella ciao, bella ciao, bella ciaociaociao. sono felici anche quando gli spieghiamo il significato di quella canzone, loro che non sanno nulla di resistenza, ma sanno meglio di noi cos'è l'occupazione straniera. non sanno chi sia berlusconi, ma ci vedono contenti e sono felici per noi. la nostra soddisfazione è immensa.
salendo, le palme e i banani hanno lasciato il posto agli eucalipti e ai larici. arrivai a ooty ci accoglie il profumo balsamico di eucalipti e l'aria fresca di montagna. siamo nel posto più alto del nostro viaggio. abbiamo finito di peregrinare, domani raggiungeremo il wayanad e la casa dove ci godremo il meritato riposo, e scopriremo ancora un'altra india.

sabato 12 novembre 2011

alapunzha-mettupalayam

levataccia alle cinque del mattino per prendere il treno alle sei. anche questa volta in sleeper class, ma senza prenotazione. il treno si riempie in un paio di fermate, davanti a noi una ragazza dai modi educati e il padre. sul treno passano continuamente i venditori di caffé e di chai, che recitano continuamente la litania: chai, chai, chai, senza sosta, come un mantra. non scendono nemmeno quando il treno parte, continuano sempre a incrociarsi con i lodo bidoni di latta, i bicchieri di carta e i loro mantra: coffee, coffee, coffee, chai, coffee, chai, chai, chai. io li guardo passare, e loro quando se ne accorgono si fermano e mi guardano con aria interrogativa: chai?
il padre compra due bicchiedi di chai per la figlia e per sé. lei tira fuori dei biscotti e li offre al padre e alla bambina in braccio alla madre, seduta accanto a noi. viaggiamo comodi ma il viaggio è lungo, controllo i nomi delle femrate sulla cartina per passare il tempo e collegare il panorama ai luoghi.
a una fermata la ragazza saluta educatamente il signore e scende. non era il padre, non si conoscevano. erano solo seduti vicini, e hanno viaggiato insieme. un indiano non è mai solo nelle cose che fa, le fa insieme alle persone che ha vicino. viaggiare insieme è chiacchierare, assicurarsi che tutto vada bene, bere un chai insieme, interessarsi alla persona che ti sta accanto e che fa con te un pezzo di strada. un pezzo di vita. per quello, per quel momento, quella persona è importante.
a coimbatore il caos, l'inquinamento, il rumore ci ricordano che siamo tornati in tamil nadu, e rinunciamo a cercare la fermata dell'autobus per mettupalayam, contrattiamo il prezzo di un taxi. circa 10€ per 40km. il traffico è il più allucinante che abbiamo visto finora in india, e le strade le peggiori. chilometri senza nemmeno un metro di asfalto, nonostante il caldo teniamo chiusi i finestrini per non far entrare la polvere. è talmente fitta che per un tratto non si vede nulla, la polvee è nebbia e vediamo appena la macchina davanti. all'arrivo il tassista ci chiede 50 rupie in più per il traffico. mi dico che sono solo 75 centesimi, e glieli do. scopriamo che il tassista è il fratello della receptionist del nostro albergo. son tutti fratelli, in india.
mettupalayam non è altro che un incrocio, una stazione e una ventina di alberghi catapecchia, che danno l'impressione di esistere solo per i turisti che devono prendere il nilgiri express all'alba. se qualcuno si ferma due notti, è perché non è riuscito a trovare posto sull'unico treno, alle sette del mattino.
su consiglio della receptionist-sorella-del-tassista andiamo subito a fare i biglietti per domani. siamo in waiting list, e abbiamo quaranta persone davanti. la receptionist ci spiega che non c'è problema, dobbiamo solo andare in stazione alle cinque e mezza a metterci in coda, perché ci sono solo tre vagoni: uno di prima classe, uno di seconda e uno per quelli come noi, senza prenotazione. ci dice che è sicura che riusciremo a prendere il treno. nonostante la prospettiva di levataccia, tiriamo un sospiro di sollievo.

venerdì 11 novembre 2011

alapunzha


ogni tanto il viaggiatore si consente un momento di sprovvedutezza. sono i momenti in cui si abbassa il livello di attenzione, ci si distrae nel presente e si dimentica il futuro. un viaggio senza prenotazioni è fatto di molto futuro e un po' di presente. tutto sta nel trovare il giusto bilanciamento tra i due. godersi quello che si sta facendo, il luogo in cui si è, e non perdere d'occhio l'esigenza di proseguire in viaggio, di pianificare la prossima mossa. di non perdere il treno, insomma.
ieri, arrivati ad alapunzha, avevamo deciso di prenderci un giorno di riposo, e di approfittarne per andare in treno a visitare fort cochin, 100 km più a nord. un0'ora di treno. ieri sera siamo anche andati in stazione a chiedere gli orari dei treni, e l'impiegato aveva snocciolato una serie di orari che ci avevano convinti che ci fosse un treno ogni mezz'ora. stamattina abbiamo fatto colazione con calma, al risotrante dell'albergo accanto al nostro. con calma e tempi lunghi, alle dieci, arrivati in stazione (nel nulla a 3 km dalla città) abbiamo scoperto che l'ultimo treno della mattina era partito mezz'ora prima, e il primo del pomeriggio era troppo tardi per visitare cochin e rientrare. incazzatura, malumore, delusione di conseguenza. torniamo in città, giriamo come topi in gabbia e prendiamo, a piedi, la via della psiaggia, sottovalutando caldo, umore e distanza. una giornata da buttare. la salviamo rifugiandoci in un ristorante per occidentali sulla spiaggia, dove mangiamo bene e troviamo anche birra di qualità. ci rilassiamo, recuperiamo il buonumore e un tuctuc, e torniamo in centro a cercare un internet e a comprare un po' di spezie.
almeno abbiamo i biglietti del treno di domani per coimbatore. la nostra dose di futuro è assicurata.

giovedì 10 novembre 2011

kollam-alapunzha


tutta la giornata trascorre in traghetto, da Kollam ad Alapunzha, navigando nelle backwaters, laghi e canali che scorrono lungo la costa per centinaia di chilometri.
aspettando la partenza chiacchiero con uno dei battellieri, che mi dice che con la crisi economica in europa, loro hanno meno turisti. mi chiede se so qual è il motivo della crisi, ma io non me la sento di affrontare il discorso con un battelliere indiano, mi imbarazzerebbe minimizzare e non voglio fare il sapientone spiegandogli dettagli che non capirebbe. così gli dico che è complicato, e lui coglie la palla al balzo: dice che effettivamente è una situazione da cui è complicato uscire. i governi europei si sono indebitati troppo, hanno contratto prestiti emettendo buoni del tesoro per pagare il benessere che la popolazione chiede, invece di spendere solo quello che avevano si sono indebitati fino al collo. ora nessuno sa come saldare il debito, e né le banche né gli stati si prestano più soldi tra loro, perché non si sa chi è indebitato con chi, chi è in grado di onorare i debiti e chi no. così tutta l'economia si ferma, in attesa di una soluzione che nessuno conosce. dice che in india invece il governo spende solo quello che incassa di tasse: avranno le strade piene di buchi, ma la loro economia è sana. rimango senza parole, riesco solo a dirgli che è esattamente così. ho appena ricevuto una lezione di economia internazionale da un barcaiolo indiano. forse è vero che abbiamo da imparare dalle economie emergenti. tutto sta a vedere se loro saranno capaci di non imparare da noi, di non commettere i nostri stessi errori.
anche se ci fermiamo solo per il pranzo vediamo spettacoli che valgono il viaggio in barca: villaggi di pescatori, risaie, muche, uccelli e barche a remi che trasportano di tutto. assistiamo perfino a una specie di transumanza di anatre. tre pastori su tre piroghe, che governano uno storbo di migliaia di anatre. sembrano ancora troppo giovani per volare, o forse gli hanno tarpato le ali. la "mandria" è troppo estesa per riuscire a fotografarla tutta.
avvicinandoci ad alapunzha incontriamo sempre più kettu vallam, le case galleggianti costruite sulle vecchie barche per il trasporto del riso. alcune sono enormi, altre più piccole e caratteristiche. l'impressione generale è di un lusso insensato. i passeggeri che vediamo sono quasi tutti indiani o, all'apparenza, russi.
il viaggio trascorre tranquillo, non fosse per il fatto che cristina non sta bene. nella cena di ieri qualcosa le ha fatto male, dev'essere stato il riso, che è l'unica cosa che io non ho toccato. il pesce era decisamente la scelta giusta!
arrivati, schiviamo la folla di procacciatori di camere, questa volta davvero fastidiosi, e troviamo facilmente la guesthouse governativa che avevamo prenotato, ed è la prima stanza veramente bella e pulita da quando siamo arrivati in india. questo governo comunista del kerala mi piace sempre di più. decidiamo di approfittare e fissiamo una notte in più, ne approfitteremo per fare una gita in giornata a kochi, domani.

martedì 8 novembre 2011

madurai - kollam

l'unico biglietto del treno che riusciamo a fare e' un biglietto i lista d'attesa di prima classe, senza a/c. abbiamo capito che in india a/c non vuol dire solo aria condizionata, ma soprattutto categoria superiore. auto a/c e' un'auto moderna, auto non a/c e' un residuo degli anni 50. camera a/c e' decente, non a/c e' una topaia. in ogni caso la nostra preoccupazione non e' l'aria condizionata, mala lista d'attesa. il supervisor ci assicura che ci dara' due posti della tourist quota, ma ce lo confermera' solo tre ore prima della partenza, cioe' troppo tardi per organizzare un trasporto alternativo. decidiamo allora di farci rimborsare i biglietti e adiamo in macchina. 5000 rupie per un viaggio di 260 km. l'auto ha l'aria codizionata, ma per usarla l'autista ci chiede un extra. per principio non voglio nemmeno sapere di quanto, decidiamo di tenerci il caldo e i finestrini abbassati.
il viaggio e' anche troppo veloce e l'autista si gioca la mancia in un paio di sorpassi veramente eccessivi. capisco che abbia fretta di tornare a casa, ma per 75 euro vorrei godermi il viaggio.
appena entrati i kerala abbiamo la sesazione di essee passati direttamente da napoli a zurigo. cambia tutto. l'autista si mette addirittura la cintura, e noi seguiamo obbedieti l'esempio. la vegetazione si fa improvvisamente rigogliosa, riconosciamo gli alberi della gomma con il tronco inciso, palme e banani, fiori ovunque. incrociamo auto piu' moderne, un gran traffico di camion, alcuni dei quali talmente carichi di fieno da non vedere la cabina, sono fermi al lato della strada come trasporti eccezionali in attesa della notte.
noto le bandiere rosse con falce e martello ai bordi della strada. il kerala e' l' unico stato al mondo con un governo comunista democraticamente eletto e sempre riconfermato dal 1958. e' lo stato piu' ricco dell'india, con la migliore alfabetizzazione e la maggiore speranza di vita. un paradiso comunista. non male per un posto chiamato 'la casa natale di dio'.
a kollam telefono al proprietario dell'albergo e lo faccio parlare con l'autista, per trovare il posto deve comunque chiedere informazioni molte volte. l'albergo e' in realta' un capanno di legno e lamiera in riva al mare, sotto palme e banani, con l'unica visuale di oceano e pescatori. alla sera c'e' la luna piena, e un inserviente che vive in un capanno dall'altra parte del giardino, e che e' sempre indaffarato a preparare te' e a stendere panni, ci porta la cena al lume di candela. ci mettiamo poco a ribattezzarlo venerdi'.
la cena e' da sogno, il proprietario ha un ristorante di pesce, bonito fritto piccante, calamari, gamberetti, vongole, verdure e riso, porotta. mangiamo di gran gusto e decidiamo di fermarci due notti e goderci la tranquillita'.
il giorno dopo facciamo la gita in canoa in un villaggio nelle backwaters. pensavamo fosse una bufala, invece e' molto bella. il barcaiolo parla un perfetto inglese con accento di oxford, e' informato sulla politica internazionale e sulle piante di spezie della zona. vediamo il pepe, la noce moscata, il mango, gigli d'acqua, allevamenti di gamberetti, kingfisher, e l'aquiloe di brahma. le backwaters sono sono un dedalo di minuscoli canali dove la canoa naviga lentamente e passandoci appena.
passiamo il resto della giornata seduti all'ombra della nostra palma davanti al capanno, con venerdi' che ci porta il te' e ci chiede continuamente se va tutto bene.

lunedì 7 novembre 2011

madurai

arrivare all'alba in una citta' sconosciuta dell'iondia ha il vantaggio di avere tutta la giornata a disposizione per trovare una sistemazione. lo svantaggio e' che si arriva troppo stanchi per non prendere la prima che si trova. l'albergo peggiore e' quello che crede di essere di lusso, ma non ne ha i requisiti minimi. come se il lusso fossero cinque piani, l'ascensore con l'omino che schiaccia i bottoni, il wifi, e non una camera pulita, lenziola senza buchi o bestie, e acqua calda. almeno riesco a postare qualche tappa (non questa, sono indietro di almeno tre giorni con gli aggiornamenti). a parte questo, notiamo subito che tranne in albergo la gente, qui, e' molto piu' sorridente e gentile. e' una citta' di artigiani e commercianti, con un grande tempio meta di pellegrinaggi. la cortesia e' una naturale conseguenza.
la citta' e' caotica, puzzolente e sporca come chennai, ma e' molto piu' piccola e intorno al tempio c'e' una grande zona pedonale che e' un sollievo, tranquilla e pulita. si riesce a stare seduti all'ombra in pace, e sembra anche piu' fresco. a pranzo seguiamo il consiglio della guida e andiamo da anna meenashki, dove mangiamoun buon thali servito su una foglia di banano posata sul tavolo. ovviamente mangiamo con lemani.
il tempio e' un capolavoro, sta all'induismo come la cappella sistina al cristianesimo o la mecca all'islam. e' enorme, ci sono migliaia di visitatori in coda davanti alle cappellette, ed e' bello perdercisi, anche se non possiamo entrare negli scrigni di shiva e meenashki, la dea dagli occhi di pesce.
fuori dal tempio, dietro l'immancabile toro nandi, c'e' uno splendido mercato coperto, che ci sorprende nel momento piu' bello della giornata, quando le bancarelle stanno aprendo e tutto e' tranquillo. anche il mercato sembra un tempio, con le colonne scolpita con immagini sacre, adorate con fiori, lumini e incensi. restiamo nel tempio fino al tramonto, che ci trova seduti sulle rive della vasca del loto d'oro, sotto l'alto gopuram di 60 metri scolpito con 28000 statue.
ci allontaniamo lasciando che i brahmini portino le scarpette degli dei sulla soglia della loro alcova, intimando il silenzio per non disturbare il loro riposo, dopo una giornata di migliaia e migliaia di benedizioni.

domenica 6 novembre 2011

chennai-madurai

non ci siamo fidati ad andare a kanchipuram per paura di non riuscire a rientrare in tempo per il treno. la stazione dei pullman e' 10 km fuori dalla citta', e avremmo dovuto fare un cambio con il bus urbano sia all'andata sia al ritorno, con il rischio di perderci. perdersi e' bello, ma bisogna avere il tempo per farlo.
ripieghiamo sul tempio di kapalishvara, molto bello perche' sembra un luogo di riposo anziche' di culoto. non ci sono occidentali, possiamo circolare in tutto il tempio tranne che nello scrigno centrale, riservato agli indu', per entrare abbiano dovuto togliere le scrpe, abbiamo capito che il modo giusto e' comprare dei fiori alla bancarella di una donna, e lasciare a lei le scarpe. ci vende due corone di gelsomini e ci regala un loto rosa.
nel cortile del tempio chiacchieriamo a gesti con due donne, assistiamo a un matrimonio, un gruppo di ragazzi vuole farsi le foto con noi. giriamo tra le vacche sacre a cui gli indu' toccano il culo per benedizione, e pregano. il problema e' che non sappiamo cosa fare dei fiori, lasciamo il loto tra i lumini votivi davanti al toro nandi, che sta sempre li' ad aspettare l'uscita del suo padrone shiva. le corone invece le affidiamo ad un brahmino, sapra' lui cosa farne. le riceve senza un cenno, dopotutto noi non siamo indu'.
una volta fuori dal tempio l'unico rifugio dal caldo e' un centro commerciale tristissimo, praticamente un ammasso di negozietti come quelli in strada, ma su tre piani e con l'aria condizionata a mille. tristissimo, ma riusciamo finalmente a fare una sim indiana, ora possiamo telefonare e andare in internet.
prendere il treno in india e' decisamente un'esperienza da fare. la nostra classe, la sleeper class, ha tre cuccette a castello, la piu' bassa e la piu' al;ta sono fisse, quella di mezzo si abbatte e fa da schineal quando si sta seduti. oltre il corridoio ci sono altre due cuccette sovrapposte, longitudinali al treno. non ci sono scompartimenti. saliamo sul treno al buio, troviamo i posti con la torcia. vicino a noi un signore gentile ci spiega che lui lega sempre la valigia con catena e lucchetto, e prenota la cuccetta piu' alta. cosi' dorme tranquillo, dice. noi non abbiamo lucchetto, le nostre cuccette sono in basso.
salgono altri due signori altrettanto distinti, sono due colleghi che si sono incontrati in treno per caso. sono molto curiosi, ci chiedono di dove siamo, se in tutta europa c'e' la stessa moneta, se parliamo la stessa lingua, se scriviamo con gli stessi caratteri, e come sono i treni italiani in confronto a quelli indiani. il treno e' molto vecchio e malandato, ma meno peggio di quel che temevo. la finta pelle dei sedili e' intatta, annerita e macchiata dall'uso, ma non troppo sporca per sdraiarcisi. siamo gli unici stranieri in tutto il vagone. fortunatamente scendiamo all'ultima fermata enon dobbiamo stare all'erta per non perderla. cristina non e;' a suo agio e restiamo seduti, mentre tutto il treno si mette a dormire. poco a poco ci troviamo semisdraiati e scomodissimi, decidiamo di aprire le cuccette, con il risultato che io dormo discretamente ma cristina no.

giovedì 3 novembre 2011

chennai e mamallapuram

chennai è decisamente il posto più brutto che abbia mai visto. i marciapiedi, quando ci sono, sono talmente dissestati da essere impraticabili. quando non lo sono, sono occupati da una fila di bancarelle e negozietti di ogni genere che impediscono il passaggio. ogni spazio libero è pieno di spazzatura. essendo stagione di monsone, il resto è pozzanghera. ma di quelle grosse. ogni tanto le pozzanghere hanno un inconfondibile odore di fogna.
tutto, di conseguenza, accade in strada: la gente ci cammina, moto, risciò, auto e pullman si contendono lo spazioevitando di scontrarsi all'ultimo, mucche e capre rovistano nell'immondizia, i cani dormono, o sono morti. la differenza non è evidente.
la gita a mamallapuram che abbiamo fatto oggi sbrava qiella delle pentole: una serie di soste indesiderate a vedere attrazioni evitabili (il museo etnografico, lo zoo dei coccodrilli), e poco tempo poi per vedere i templi, che erano l'unico motivo del viaggio. dopo ellora i templi mi sembrano un po' delle imitazioni in moniatura, in realtà sono molto belli. allo shore teple di mamallapuram ho sentito una guida dire che prima dello tsunami era completamente ricoperto di stucchi che l'acqua ha lavato via. più distante dalla spoaggia c'è un altro tempio, più piccolo, con alcora gli stucchi, ma a vedere orale condizioni dello shore temple è difficile crederlo.

abbiamo preso due posti sul treno per madurai di domani sera, gli ulrmi due rimasti sono in sleeper class. non abbiamo anxcora capito quanto sia simile a un carro bestiame, ma almeno è un modo per lasciare chennai. magari domani troveremo un'alternativa migliore, ma intanto è meglio che a piedi.
per una volta la guida è stata utile: abbiamo trovato la boglietteria riservata agli stranieri (ingresso severamente vietato agli indiani, una cosa del genere in italia mi manderebbe in bestia). l'impiegato severissimo, ci ha fatto compilare con esattezza il modulo di richiesta - a cosagli serve sapere la nostra età e dove sono stati emessi i passaporti, per due biglietti del treno? - poi una volta finite le formalità è diventato chiacchierone, abbiamo parlato di sonia gandhi, e ci ha chiesto se avevamo degli euro in moneta da mostrargli, perché sua figlia li colleziona. alla fine ci ha dato consigli su come trovare una macchina per tornare in albergo, perché fuori c'era il diluvio universale e un tuc tuc non era praticabile. per strada ne ho vieto parecchi in panne per l'acqua, con il guidatore che li spingeva con l'acqia ai polpacci. 300 rupie spese bene.

mercoledì 2 novembre 2011

ellora-ajanta

il vero marketing multilevel l'hanno inventato gli indiani. arrivati alla stazione dei pullman di aurangabad, dribblati i guidatori di tuc tuc, uno di loro ha capito che eravamo infastiditi e ci ha seguiti con discrezione, aspettando che fossimo più tranquilli. poi si è offerto di portarvi in centro. gi abbiamo chiesto di lasciarci a un ristorante e ci ha azpettati entre cacevamo colazione e usavamo il bagno. poi ha detto che suo fratello aveva una macchina per portarci a ellora, il fratello è arrivato con un autista e per strada abbiamo concordato il viaggio del giorno dopo ad ajanta. al mattino dopo l'autista si è presentato puntualissimo, prima di ajanta si è fermato per una sosta e un suo amico ne ha approfittato psr avganciarci, ha regalato due cristalli a cristina e ci ha a compagnati per un ingresso secondario alle grotte. ci ha consigliato di pagare 200 rupie a un suo amico che avrebbe fatto la guardia alle nostre scarpe mentre visitavamo le grotte. il suo aico però era ocupato e ci ha passati al nipote. se ognuno di loro si tiene la percdntuale dell'amico a cui ci ha presentati, con la nostra visita abbiamo mantenuto almeno sei persone, e il fratello del guidatore di tuc tuc sta al vertice della piramide. non per niente è quello che parla inglese meglio. il ragazzino delle scarpe invece non ci ha guadagnato molto, ma è stato quello con la mancia più alta.

martedì 1 novembre 2011

mumbai-aurangabad

che nottata. la partenza da mumbai è stata allucinante. accanto all'ufficio della reality travel abbiamo l'ufficio della red bus, ne abbiamo approfittato per avere una conferma del punto di partenza del pullman, e il ragazzo che era li ci ha confermato tutro, consigiandoci di muoverci due ore prima col taxi, per evitare rischi. siamo arrivati con un'ora e mezza di anticipo, abbiamo trovato un ristorante di lusso e ordnato poco più di pane e coperto. giusto per sederci e usare il bagno.
nel punto dove ci aveva lasciato il taxi c'erano molti bus in partenza, tra il lussuoso e il fatiscente. nessuno della nostra compagnia. dall'altra parte della piazza c'era il posto indicato sul biglietto, ma né bus né gente in attesa. dieci minuti dopo l'orario di partenza un tassista ci è venuto incontro, si è offerto di telefonare e ha recuperato il numero di cellulare dell'autista, che gli ha detto che era in ritardo e che avrebbe fermato da un'altra parte!! a parte la gentilezza del tassista e di un ragazzo che ci ha accompagnati al posto giusto, se il bus fosse stato puntuale l'avremmo perso!
insomma dopo lo stress e la paura di restare a piedi e unadiscussione con l'autista che non era convinto dei bagagli o dei posti o dei biglietti - non parlare hindi può essere un problema se sul biglietto c'è scritto che si declina ogni responsabilità per la maleducazione degli autisti - alla fine siamo saliti.
la cuccetta era tutto sommato comoda, anche se pensata per l'altezza media degli indiani. ragionevolmente sporca, ma niente di insopportabile se dormi vestito e hai il tuo cuscino gonfiabile da viaggio. il problema sono stati il traffico, le buche, le soste (a motore spento quindi sonza aria condizionata), o bambini piangenti. in pratica io ho dormito, cristina no. ad aurangabad siamo dovuti scendere di corsa, resistere all'assalto dei tassisti di motorisciò, ancora con i cuscini gonfi in mano, con cristina senza lenti a contatto. solo ora mi rendo conto della follia di farle attraversare la strada senza lenti. qui non esistono regole. le macchine ti fanno passare solo se ti ci butti contro. la tecnica che abbiamo sviluppato è di rimanere attaccati a un indiano: quando lui va noi andiamo, quando si ferma noi ci fermiamo.