lunedì 18 agosto 2014

via da las vegas

ora, questo è il mio posto e posso permettermi di scriverci quello che mi va, però mi limito e lo dico una volta sola: io a las vegas non ci volevo andare.

solo che las vegas è in mezzo al deserto, e a me i deserti piacciono. mi piace riposare gli occhi su panorami lontani, mi piace l'aria limpida e trasparente, il caldo secco che ti asciuga senza farti sudare. mi piace la solitudine di incontrare una sola macchina ogni ora. mi piace vedere la vegetazione che cambia lentamente, joshua, yucca, cactus, sterpaglie, nulla, dune nulla sterpaglie cactus yucca joshua. mi piacciono anche le centrali solari. mi piace il canyon della hoover dam, e i suoi cessi art decò con l'omino vestito di verde che lucida indefesso la scritta BATHROOMS da ottant'anni. mi piace anche il bordo bianco del lago che indica quanto è sceso il livello, e ditemi che non c'è riscaldamento globale.
mi piace l'auto che mastica lentamente la strada.

poi nel mezzo c'è las vegas. se volete sapere qualcosa su las vegas comprate una guida.

poi al ritorno altro deserto, basi militari, il ristorante anni '50 di peggy sue, l'antipatia dei benzinai, i treni merci infiniti.

domenica 17 agosto 2014

la città degli angeli

so che non dovrei, ma provo lo stesso a raccontare gli ultimi giorni di viaggio, anche se a un mese di distanza. non sono gli ultimi, lo so. ma ormai sono tornato, los angeles appartiene a un mese fa, il viaggio è finito, e comunque ne era finito un pezzo. un volo dura poco, ma la luce fredda degli aeroporti, le procedure e la noia dell'attesa hanno quell'effetto, producono una cesura spazio-temporale, allontanano due città più di quanto le unisca il volo stesso.

intervallo

dall'alto los angeles è impressionante. larga e piatta, un'enorme scacchiera di inutili caselline popolata di milioni di pedine, che se non fosse delimitata da montagne e mare sembrerebbe infinita. solo poche torri svettano indicando dove si producono i soldi, il resto dall'aereo sembra solo una grande povertà polverosa. dal basso questa sensazione si perde, ci si muove in autostrada e sembra davvero la lombardia, solo che al posto di risaie e campi di mais ci sono capannoni e capannoni.

dal getty center si gode di un'ottima vista, il panorama sarebbe bellissimo se davanti ci fosse qualunque altro posto. forse il senso di un panorama è l'ampiezza della veduta, non quello che ci si trova davanti. quello che manca, al getty, è un panorama al contrario, un posto da cui non si veda los angeles, ma soltanto l'enorme massa bianca insieme morbida e rigorosa del museo.

a santa monica è sempre domenica. c'è il sole, i ristoranti sono pieni e la gente va a spasso in maglietta e pantaloncini, o guida auto decappottabili, e non capisci se stanno cercando parcheggio o solo di mettersi in mostra. i tassametri prendono la carta di credito. i camerieri sono stati in italia o vorrebbero tanto andarci. con un po' di mancia ti dicono quello che vorresti sentire, anche che sanno suonare il mandolino.

chissà dov'è il drugo.

venerdì 15 agosto 2014

Portland (souvenir)

portland sembra molto bella. sembra, perché non ne abbiamo visto molto. Francesca abita fuori città in un posto ameno che si chiama happy valley, ma che non ha nessun collegamento pubblico con il centro, per cui abbiamo girato solo un po' il centro approfittando del passaggio di una sua amica. a pranzo ci hanno portati in un ristorante italiano (!) che se la gioca con un ristorante Italiani in Italia. personale italianovero, e pure simpatici. il cameriere che ci ha serviti, Andrea, suina in una band e verrà a Milano in ottobre, gli ho consigliato di contattare il bellezza, sono curioso du sentirli. bel pomeriggi siamo andati in giro liberi. l'impressione è di una cittadina rilassata, piena di giovani e di homeless, di birrerie e gente che suona per strada. davanti al museo c'è un pianoforte rosa, con sopra scritto play me, I know you'd like to. una ragazza suonava da sola, cantando a occhi chiusi.
per l'aperitivo sul fiume ci hanno raggiunti due amiche di Francesca, l'argomento di discussione è sempre il burningman. chi lo conosce lo teme, ci sono molti preconcetti, oppure lo ama perché ci è stato.
la sera siamo stati a casa di kathy, che ha la madre bolognese e il marito costruttore. una casa da sogno, con un giardino a gradoni con tanto di gazebo in legno con un braciere in granito al centro. peccato solo che tutti i barbecue e i caminetti qui siano a gas. ok, è più sicuro e più comodo, ma vuoi mettere?
anni fa avevano una exchange student italiana,
che è stata coinvolta in una sparatoria in centro mentre usciva da una discoteca e si è presa sette proiettili, due sue amiche sono morte.
portland è bellissima e dà l'idea di essere molto civile e con una bella vita notturna. ma è sempre America. mi chiedo da quante armi siamo circondati, mentre passeggiamo...

Vancouver 3

la giornata comincia presto perché l'aria condizionata ha ucciso Claudio, ha una brutta tosse e jonathan ci accompagna in farmacia. qui non si può fare nulla senza macchina, le zone commerciali e residenziali sono separate, non esiste il negozio sotto casa. nella farmacia ci sono meno di venti gradi, giusto per far ammalare la gente e procurarsi i clienti.
poi torniamo in centro, dove passeggiamo intorno a downtown, che sulla cartina sembra un quartiere minuscolo, ma è grande come tutta la cerchia dei bastioni, se non di più.
ci troviamo alla mostra con Rey, c'è Coupland in persona che fotografa chiunque voglia farsi fotografare, le foto serviranno per i suoi quadri. mentre siamo in coda lui si volta, ci vede e ci chiede conferma che ci facciamo fotografare, evidentemente ha sentito che non siamo del posto, o forse gli piacciono i ricci di Claudio o la mia barba. in effetti la barba qui non va di moda, l'abbiamo solo Coupland e io.
per cena andiamo tutti insieme al ristorante, ci raggiungono Rosa, Lina e Marcello, e anche Rey cena con noi. la cameriera (qui sono tutte delle gnocche da paura) ci spiega che un piatto arriverà dopo 20 minuti, per cui non c'è lo farà pagare. in Italia sarebbe impensabile...

Vancouver 2

jonathan ci accompagna in centro e abbiamo la giornata libera. andiamo a zonzo e downtown è molto bello, zone vecchie (vecchie... nel 1880 qui non c'era nulla) e zone di grattacieli di cristallo sono attaccate, c'è una bella zona dell'Expo sulla baia, ce ne ricorderemo tra un anno.
a pranzo ci diamo appuntamento con Rey davanti alla galleria d'arte, e ho un momento di esaltazione: c'è una mostra di douglas coupland! ci diamo appuntamento per il giorno dopo, c'è l'apertura serale con ingresso a offerta libera.
dopopranzo camminiamo fino a granville island, isoletta che anticamente diceva essere du magazzini, mercati e pescatori. è l'equivalente dei docks di New York, passeggiamo nei mercati e ci riposiamo con una birra, poi rientriamo il battello.
troviamo anche un negozio di chitarre che per Claudio è il paese dei balocchi, cinque piani di strumenti di cui uno di sole chitarre.
per cena andiamo a casa di Marcello e Lina, con grigliata rituale on the deck, poi spunta una chitarra e Claudio è bravissimo a seguire le basi che Marcello mette su a raffica, e a sorridere. suonano anche Toto Cutugno. si esaltano. credo che a loro servano questi collegamenti con l'Italia, per sentire ancora un'identità. qui nessuno è di qui, qualunque famiglia è
immigrata, nessuno ha bisnonni nati qui, e forse nemmeno nonni. la città è fatta da comunità più o meno integrate, e chi è qui da più tempo si lamenta di quelli arrivati dopo. gli unici veri locali sono gli indians, o native americans, o aborigenals, cercando di essere sempre più politically correct per non dover ammettere di aver fottuto quelli che erano qui da migliaia di anni, e che oggi sono homeless e vivono principalmente di elemosina.

Vancouver

Viaggio tranquillo, cambio a Londra senza nemmeno il tempo di guardarsi intorno (poco male, conosco già a memoria il terminal 5, peccato solo per il sushi), volo per Vancouver eterno. un momento di eccitazione generale quando le nuvole sotto di noi si sono aperte per lasciar vedere gli infiniti ghiacciai della Groenlandia. fa effetto vedere una terra così lontana e desolata, senza un minimo di punti di riferimento a farne capire le dimensioni. quel crepaccio là sotto potrebbe essere largo un metro o un chilometro, il ghiacciaio potrebbe essere grande come un'autostrada o come tutta la Lombardia...
a Vancouver ci vengono a prendere Marcello e Lina, e comincia l'esperienza della vita con la famiglia italo-canadese. sono affettuosi, divertenti, Marcello parla continuamente e ci indica tutto quello che incrociamo, strade palazzi ponti montagne. di fronte alla città c'è whistler mountain, dove si sono tenuti i giochi invernali nel (metti qui una data a caso). davanti c'è l'Oceano, guai a chiamarlo mare.
domenica pranzo di famiglia al completo, per passare tutto il pomeriggio insieme ci si ritrova alle due, ci si siede a tavola alle tre e ci si alza alle otto. pranzo e cena insieme.
dopocena è troppo tardi per raggiungere Rey alla festa alla spiaggia, Marcello ci porta in macchina a fare il giro di Stanley Park, fermandosi nei punti più belli to take a picture. poi we go on. parlano proprio accussì, mezzo inglese half italian, anzi dialetto napoletano. ci abituiamo al gramelot ed è divertente e utile, nessuno si perde un colpo della conversazione. 

rosa è affascinante, gentile e divertente. vive con jonathan in una villetta a mezz'ora da downtown (it's a shame we don't have an autostrada), ristrutturata da poco e con gusto. ci fa vedere le foto dei lavori, ha fatto quasi tutto lui. sotto l'apparenza minimale e tecnologica, è tutto legno.

il principale argomento di discussione è il mercato immobiliare e quanti milioni costano le case e i maledetti cinesi che arrivano con le valigie piene di soldi e nessuno è più in grado di comprare una casa. 

giovedì 3 luglio 2014

le 5 terre sono 5

lo ammetto, da Bonassola a Levanto approfitto della galleria. è poco eroico, ma almeno ci si scalda per due chilometri prima di iniziare le salite. e che salite... dai frati iniziano tre chilometri al 16 per cento in pieno sole, poi per fortuna spiana un po', poi sopra la galleria inizia la parte più dura e più bella. tutta in mezzo al bosco, strada stretta che se passa una macchina non ci si passa, ma tanto non passa mai nessuno. il primo pezzo è talmente ripido che la ruota posteriore slitta abbondantemente. per fortuna è fresco, perché è massacrante già all'ombra.
poi c'è quel punto magico, in cui la strada passa in una sella, a sinistra la val di vara, a destra la valle di Levanto. poi saliscendi, e una breve picchiata fino a Soviore. da li la vista è mozzafiato (no, il fiato è già corto per la fatica): si vedono distintamente le Alpi, Genova, il promo torio di Portofino, il Mesco e le 5 terre. dopo il pignone inizia la panoramica delle 5 terre. non l'avevo lai fatta, e ni viene da fermarmi ad ogni curva, per fare foto. chiacchiero con dei turisti olandesi, sulla bellezza di questi posti. loro che hanno solo piattume, sono stupefatti.
non avevo mai visto coniglia e manarola dall'alto, dietro discese di terrazze a vigna. felice, scendo fino a Spezia, la città più brutta d'Italia. no, forse se la gioca con Taranto (non offendetevi, è così).
il ritorno non è all'altezza: l'alluvione del 2011 ha reso la bassa val di Vara ancora più triste e desolata di prima. paesini fantasma, fusioni e cave. ma come prima uscita mi è piaciuta molto, sono andato bene. le gambe vanno. il fiato è meno peggio di quel che pensavo. tutto sommato posso ancora pedalare, dai.

http://www.strava.com/activities/159913960

lunedì 28 aprile 2014

milano-reggio nell'emilia

non facevo cosi tanta strada dall'ultimo viaggio, nei balcani quattro anni fa. soprattutto non ci avevo mai provato senza allenamento. questa è la mia quarta uscita dell'anno, una sequenza cinquanta settanta centotrenta centottanta. mi ripeto che al limite c'è sempre il treno, e parto.
cartolina n.1, la circumnavigazione di linate. c'è una ciclabile che gira proprio intorno alla staccionata, non passano macchine, decolla solo un aereo, un md-80 che sembra turco, una delusione per i pochi appassionati con teleobiettivo, pronti a immortalare chissà quale meraviglia tecnologica. guardano la pista desolata, e si perdono i fagiani che razzolano indisturbati tra le frasche alle loro spalle.
cartolina n.2, lodi è bella, chi l'avrebbe mai detto. almeno, è bella la piazza centrale, grande e signorile, con i caffè e le bici spinte a mano. è sabato, e i negozi son già tutti uno struscio di microgonne, leggins e jeans attillati sovrastati da scollature e pizzi provinciali. zona di vacche, mi dico. prelevo, non trovo nemmeno un panificio per lo spuntino di metà mattina, e proseguo.
cartolina n.3, dopo lodi c'è un canale, o un fiume, o entrambi. la statale che lo costeggia è quasi deserta e pedalo bene, ma a lato vedo di meglio, una ciclabile perfetta e ombreggiata. i cartelli indicano esattamente castelnuovo, dove voglio passare il po. metto via il cervello e pedalo attraverso i paesini.
cartolina n.4, appena dopo il po, il paese di san nazzaro è quattro case, una chiesa e un bar trattoria con insegne cavalleresche medievali. il tizio è gentile, a un ciclista non si nega il pranzo e la scelta è tra tortelli di zucca, e pisarei e fagioli. poi la strada lascia le statali e le provinciali, diventa stradine di campo, lemilia delle biciclette non ha più una ciclabile giusta per me.
cartolina n.5, verso polesine parmense mi supera un trattore, o un mietitrebbia, o un coso enorme che va un po' più veloce di me, taglia laria come una locomotiva e non rallenta mai. mi ci metto dietro a mezzo metro, praticamente smetto di pedalare. mi porta quasi fino a zibello, non è tanta strada ma è un bell'aiuto.
cartolina n.6, il ponte sul taro è chiuso. il brutto dell'Emilia è che c'è quasi solo la via emilia. tolta quella, le strade sono solo ragnatele che portano alle città messe in fila. impossibile andare paralleli alla via emilia. la deviazione mi pbbliga a piegare verso parma. passo attraverso l'arrivo di una gara ciclistica, mi sento uscito dal passato con le gambe pelose, la bici d'acciaio e i fil de föra, come diceva la signora Marnati. sui colli si preparano i temporali del pomeriggio, e mandano giù un forte vento, ovviamente contro. il vento porta una tormenta di batuffoli di pioppo, attacco a starnutire e il rinculo degli dtarnuti mi rallenta ancora di più, come se non bastasse il vento.
cartolina n.7, parma è una piovra che non lascia scampo. finché riesco sto tra la statale, l'alta velocità e l'autostrada, tra i campi resistenti al progresso tecnologico, destinati a scomparire uccisi da fiere e capannoni. cerco disperatamente di restare fedele aklintenzione di evitare la via emilia, ma diventa impossibile. parma mi fagocita, tento di ribellarmi ma è inutile, posso solo abbassare la testa e correre attraverso il nulla. a parma non c'è niente, non c'è tangenziale né circonvallazione, non c'è il gelataio naturale, non ci sono scrofe ne via emilia, non ce più prosciutto, né fatica né sofferenza. veloce come mi ha succchiato, mi respinge come una fionda proprio sulla via emilia, a levante, ormai ridotta a una piccola statale senza quasi traffico, gli ultimi venti chilometri di apnea insensata.

milano-reggio su strava




mercoledì 16 aprile 2014

un Po oltre

non sono più abituato a pedalare in compagnia. lo facevo nei primi viaggi, con v., viaggi che ora mi sembrano incredibilmente brevi: trecento chilometri in una settimana, fatti piano, con la giusta calma e lasciando tempo alla vacanza. come dovrebbe essere.
comunque.
a pedalare in compagnia cambia tutto. non ci sono solo i miei pensieri, ma anche le parole degli altri. non solo la mia fatica, ma anche quella di chi mi accompagna. compagni da aspettare o da inseguire, a seconda dei casi. pedalare con f. mi fa sentire un po' maestro, e la cosa lusinga il mio ego. ma tornerò a pedalare da solo, lasciando la compagnia a occasioni sporadiche. da solo "c'è solo la linea per terra", non ci sono pensieri. solo le sensazioni del corpo e della mente.
e poi, in tre bisogna anche rispettare i piani, mica si può cambiare percorso così, una volta concordato. per cui se uno decide che il percorso prevede cinque chilometri di superstrada vietata alle bici, bisogna farseli. e io spingo forte per farli finire prima, per non metterci una vita a passare lo svincolo.
per fortuna il resto è niente male. la zona di belgioioso non l'avevo mai vista, lungo il basso olona la strada è punteggiata di paeselli e castelli e glicini e villette, e curve, e boschi. è piacevole. anche l'argine basso del po, con la strada che sale e scende e attraversa paesini annoiati, che lasciano sprazzi di ricordi di una ricchezza passata, ora rimasta solo nei cornicioni sbrecciati e in qualche portico, è gradevole. forse perché è aprile, chissà se a giugno, con la canicola estiva, mi sembreranno ancora così ameni.
comunque pedalare in compagnia ha anche un altro vantaggio: se gli altri sono meno allenati o meno abituati, si va più piano. e allora ci si trova a fare centotrenta chilometri senza nemmeno stancarsi. forse è il caso di rallentare, e godersi il viaggio.

http://www.strava.com/activities/129427867/overview

sabato 5 aprile 2014

la delega ciclistica

ok, alba è morto.
cerco di non pensarci intanto che metto da parte i soldi, e il coraggio di andare dal marnati a dirglielo.
nel frattempo ho un collega che ha deciso di fare Milano-Roma. non è mai andato in bici, ne ha comprata una apposta, e mi ha chiesto consigli. abita sulla Martesana, far allenare lui è l'unica scusa che mi è rimasta per prendere il bicio e uscire. per fortuna l'ho restaurato... se fossi shintoista crederei che alba si è suicidato per gelosia, non sopportando l'orgoglio del vecchio bicio tornato a splendere.
intanto vediamo se domani riesco a fargli fare sessabta chikometri. al collega. non ha mai fatto sport, è sovrappeso, bisogna andare per gradi. quando arriverà a roma ci sarà un po' di merito anche mio. si ha da accontentarsi, di questi tempi.