domenica 13 novembre 2011

nilgiri express

e il consiglio si è rivelato prezioso. arriviamo in stazione alle 5.30, c'è già coda allo sportello del capostazione, passaggio obbligato per fare il salto di classe, e passare dal limbo della lista d'attesa al lusso del posto assicurato. l'ufficio è ancora chiuso. lo ignoriamo, e troviamo le transenne della coda per la waiting list. siamo i primi. poco dopo arrivano due ragazzi indiani. il vagone dei viaggiatori senza prenotazione è occupato per metà dal vano portabagagli, che lascia spazio per tre soli scompartimenti. trenta persone. se facessero salire in rigoroso ordine di lista d'attesa, saremmo fuori.
alle 6 arriva il treno da coimbatore, e la stazione improvvisamente si anima, si riempie di gente. la coda si allunga, fortunatamente un poliziotto affianca il capostazione per tenerla ordinata. qui i poliziotti sembrano molto poco marziali, ma quando danno un ordine vengono presi molto sul serio. abbiamo finalmente la certezza che saliremo sul treno, e ci rilassiamo.
il poliziotto ci controlla i biglietti e ci fa salire per primi, indicandoci perentoriamente dove dobbiamo sedere. non discutiamo. man mano che la coda si svuota, comincia uno strano balletto di gente che, avendo trovato un posto, cerca di farsene assegnare uno migliore. il capotreno gioca a tetris con persone e valigie, c'è gran fermento e non si capisce più quali posti sono occupati e quali liberi. noi restiamo buoni buoni dove ci è stato detto: i nostri posti ci vanno bene, e non abbiamo voglia di muovere gli zaini da sotto i sedili.
il poliziotto però non è d'accordo e mi chiede di nuovo i biglietti. mi dice you have been upgraded, con tono serio. ci fa prendere armi e bagagli e lo seguiamo al vagone successivo, quello di seconda con prenotazione. ci indica due posti accanto a un finestrino rotto, sostituito con un pannello di legno. io busso con la mano sul pannello e guardo il poliziotto. un americano (tutti quelli magri e tristi con i capelli grigi sono americani, anche se son tedeschi) ci guarda rassegnato e scuote la testa, lui da lì non si muoverà, non ha il coraggio di lamentarsi e non vedrà nulla. io dico al capotreno che preferivamo i posti di prima. il poliziotto scuote la testa pure lui, come davanti a due stranieri ingrati che non apprezzano il suo sforzo. però funziona: ci spostano due scompartimenti più avanti, vicino a un finestrino integro.
il treno parte, e veniamo immediatamente adottati dai nostri compagni di viaggio: una grande famiglia indiana. tre sorelle, mariti, figli, amici e parenti. è domenica, e la gita sulle blue mountains è ambita anche dagli indiani. ci offrono da mangiare (riso e daal a colazione), ci fanno tutte le domande di rito. quando il treno fischia urlano. quando entriamo in galleria urlano. quando la locomotiva a vapore arranca in salita, e il treno si muove a balzi come una cinquecento imballata, spingono dondolandosi, e noi urliamo e ci dondoliamo e ridiamo con loro. è una festa gioiosa. il ritmo degli stantuffi diventa un battito di mani, il battito di mani diventa un canto, tutte le cinquanta persone del vagone cantano insieme, noi battiamo le mani e ridiamo con loro.
nelle soste per riempire d'acqua la caldaia scendiamo e facciamo le foto, compriamo samosa e polpette di verdure fritte. le scimmie vengono a chiederci da mangiare con espressioni umane. hanno imparato l'orario del treno, e ogni mattina sono lì ad aspettare i turisti. attraversiamo piantagioni di té, la nostra famiglia indiana è sempre più allegra. la donna che fa da interprete con gli altri è chiacchierona, dice che gli italiani le piacciono perché non sono come gli inglesi, a cui non piace la compagnia degli indiani. noi ci divertiamo, siamo grati al poliziotto per l'inspiegabile e inatteso cambio di classe.
nelle soste guardiamo gli altri turisti occidentali più organizzati di noi, che avevano prenotato per tempo il loro posto in prima classe, e non viaggiano con gli indiani. hanno l'aria annoiata, non si parlano tra di loro, non parlano con la gente di qui, per loro ci sono solo il treno e il panorama. noi abbiamo il calore delle persone, gli odori e i sorrisi. siamo felici di essere viaggiatori disorganizzati.
ci colleghiamo un momento in internet dal cellulare e scopriamo che berlusconi si è dimesso. quando ci chiedono di cantare qualcosa in italiano l'unica scelta possibile è bella ciao. siamo in india, su un treno a vapore, a duemila metri di quota, in mezzo a una famiglia indiana, e cantiamo bella ciao mentre loro battono le mani e già al secondo ritornello cantano con noi: bella ciao, bella ciao, bella ciaociaociao. sono felici anche quando gli spieghiamo il significato di quella canzone, loro che non sanno nulla di resistenza, ma sanno meglio di noi cos'è l'occupazione straniera. non sanno chi sia berlusconi, ma ci vedono contenti e sono felici per noi. la nostra soddisfazione è immensa.
salendo, le palme e i banani hanno lasciato il posto agli eucalipti e ai larici. arrivai a ooty ci accoglie il profumo balsamico di eucalipti e l'aria fresca di montagna. siamo nel posto più alto del nostro viaggio. abbiamo finito di peregrinare, domani raggiungeremo il wayanad e la casa dove ci godremo il meritato riposo, e scopriremo ancora un'altra india.

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