lunedì 7 giugno 2010

osijek-novi sad

mica capito perché i serbi devono usare il cirillico, che li si capisce così bene senza. ma andiamo con ordine. finalmente riesco a fare una colazione decente, anzi una english breakfast proprio, con uovo pancetta salsiccette (le adoro) caffé succo di frutta pane di un sacco di tipi diversi formaggio prosciutto salame. bis di succo di frutta. è il vantaggio di stare nella pensione della dependance di un hotel a 4 stelle.
parto abbastanza presto, ma fa già caldo. 30 gradi già alle nove del mattino, e niente vento. il ciclista è una bestia strana, riesce a lamentarsi di tutto: se fa freddo perché fa freddo, se fa caldo perché fa caldo, se piove perché si bagna e se non piove perché suda. se ci son le salite perché si fa fatica, e se c'è pianura perché è monotono, e quindi faticoso. i primi quaranta chilometri sono così: una strada tirata con il righello in mezzo alla pianura più piana del mondo. vado in trance al terzo chilometro, mi sveglio a vukovar. non so a quanti dice qualcosa, ma a me il nome risveglia ricordi di telegiornali che elencavano numeri di morti come numeri al lotto. 78 giorni di assedio hanno lasciato il segno, eccome. già prima di entrare in città vedo palazzi bombardati. quello che fa impressione di un palazzo bombardato è che non è un cumulo di macerie, è un palazzo reso grigio dall'abbandono, e bucato come un gruviera. magari la struttura portante regge, ma un angolo sembra mangiato via da un'enorme bocca dentata. mancano dei pezzi qua e là, grandi pezzi circolari asportati come con precisione. intorno, palazzi abitati con ancora i segni delle schegge delle granate. per terra, un buco rattoppato, con intorno una raggiera di bucherelli. mortaio, forse. in centro, palazzi di cristallo accanto a palazzi (che in passato devono anche essere stati belli) bombardati e abbandonati. nella piazza centrale un monumento con fiori freschi, mi avvicino a vedere e mi sorprendo a vedere che è un busto di tudjman, che altrove è considerato un criminale di guerra quasi al pari di milosevic. all'uscita della città, quello che sembra un enorme monumento all'assedio: la gigantesca colonna del serbatoio dell'acqua, altissima e imponente, crivellata di colpi che la passano da parte a parte. si vede l'interno della cisterna, le quinte della colonna che la sostengono sono smangiate da un enorme mostro, sembra impossibile che stia ancora in piedi. mi viene in mente che è perfettamente logico: se devi assediare una città la prima cosa che fai è toglierle l'acqua. se c'è un serbatoio, lo bombardi. mi trattengo dal fotografarla, per pudore.
dopo vukovar trovo un altro cicloviaggiatore, il primo di questo viaggio. ci fermiamo a fare due chiacchiere in mezzo al nulla, è un giapponese che è partito da vienna e va a belgrado. è abbigliato in modo eccentrico, con gli occhiali da sole indossati al contrario, e le lenti da vista sollevate che a quel punto gli stanno sotto gli occhi. mi dà un suo biglietto da visita, gli scrivo la mia mail. è diretto a ilok, mancano pochi chilometri. sembra stupito quando gli dico che stasera sarò a novi sad. chissà se lo sentirò mai più.
al confine serbo mi accoglie una bellissima poliziotta tutta sorriso e marzialità, bocca perfetta, buongiorno, benvenuto, timbro, grazie, arrivederci.
decido di passare a sud del danubio, dalla cartina sembra un lungofiume. invece è una specie di altipiano, ogni tanto scendo in picchiata per superare un fiumiciattolo e poi riarrampicarmi dall'altra parte. discese e salite diligentemente segnalate, tutte all'8%. le maledico. con questo caldo arrivo a novi sad sfinito.
per fortuna so che passerò la serata e i prossimi giorni tra amici, appena li vedo passa tutto, li abbraccio anche se mi sento sudato e sporco, mi accolgono con una pizza e una doccia. non mi sono mai sentito meglio.

osijek-novi sad
126,31 km
5h 51'
21 km/h medi
660 m dislivello
141 bpm medi

1 commento:

silvia* ha detto...

ora sei con danilo e tutto è bello. ti sbaciucchio...