domenica 30 maggio 2010

milano-trieste

che poi non è esattamente trieste ma è duino. l'unico posto dove tutte le vie hanno un unico nome, e si chiamano con il nome del paese. vai in via duino, all'angolo con via duino. giri a destra, entri in via duino, e quando arrivi in fondo, prendi per via duino. questa è una cosa che non capirò facilmente. per fortuna mi oriento bene nei ricordi vicini e lontani, e trovo via e casa a colpo d'occhio.
ma andiamo con ordine: mi sveglio all'alba, come all'alba di ogni partenza, e non so cosa mi prende di voler controllare la pressione delle gomme. sarà che sono nuove, sarà che è la prima volta che monto delle gomme scolpite sulla bici da corsa, fattostà che le tasto, e con raccapricio mi accorgo che quella anteriore è sgonfia. ma come. montata ieri. pedalata attraverso milano ieri sera. e stamattina è a terra. panico. il tempo c'è, prendo gli attrezzi e smonto. il buco ha intorno un segnaccio strano, sembra proprio una camera d'aria difettosa, la mollo lì e la cambio, con non poca fatica (ci sarà un motivo per cui avrei voluto gli pneumatici con il cerchietto flessibile anziché rigido).
arrivo in stazione con anticipo, mi tolgo anche la soddisfazione di fare il tunnel di porta nuova, anche se è vietato alle bici. è una questione di principio: non puoi costruire una nuova strada nel centro di milano, non farci la pista diclabile, e vietarla alle bici. alla stazione arrivo in testa al treno, dove c'è lo spazio per le biciclette, e il capotreno mi manda indietro: le bici in coda, dice. solo che in coda lo spazio è quello che è, ma mi adatto. prima di brescia passano dei poliziotti: saliranno i tifosi in trasferta, li devono mettere proprio lì e fermarsi è pericoloso. un motivo in più per odiare il calcio, mi dico. a brescia scendo e facendomi strada tra gli hooligans (tranquillissimi ed educati, a colpo d'occhio) arranco fino alla testa del treno, che ovviamente a quel punto è affollatissimo. due ragazzi in ciclogita mi chiedono in prestito la pompetta. dopo verona il treno finalmente si svuota, a padova scendono anche gli hooligans. resta, nel tramezzo insieme a me, una famiglia - lui giovane, lei anziana e straniera, due bimbi bilingue - lui chiacchiera un po' sulla bici, poi nota il libro: non mi basterebbero tre anni per leggere un libro così. io guardo il libro, lo so che ho esagerato, ma faccio lo splendido: spero di non finirlo in meno di tre settimane, altrimenti non saprei cosa leggere alla fine del viaggio. si avvicina un signore un po' tocco, di quelli che parlano da soli ma poi vogliono un commento: lei cosa ne pensa dell'italia? di questa povera italia? io te lo direi volentieri, cosa penso di questa povera italia. ma non credo che capiresti, e soprattutto non credo che riuscirei a farti stare zitto, quindi evado la domanda con un commento da enrico bertolino in ascensore. quando scende, a padova, il tipo di prima indica il libro e mi dice: pensa a me, quando sarai all'ultima pagina.
arrivo a casa e citofono alla vicina per prendere le chiavi. io li adoro, i triestini, franchi e diretti come nessuno. la gentilezza è di rigore ma la falistà è bandita. mi dice - mi comunica - di aver fatto il letto. io lo sapevo, ma per cortesia e farle capire che ha fatto più di quanto mi aspettavo, le dico ma non doveva. ecco. lei si offende. mi prende in parola. non avrebbe dovuto, ha fatto male. capisco al volo dall'espressione e torno indietro, la ringrazio e bon. si rasserena. fossero tutti come i triestini, il mondo sarebbe migliore.
trieste è bella e elegante e tranquilla come me l'aspetto. i triestini e i pochi turisti passeggiano fino in testa al molo. ragazzini seduti con le gambe penzoloni sull'acqua che amoreggiano. ricchi che sfoggiano vetture sportive improbabili. caffé pieni e vie vuote. ceno in un ristorantino con sottotitolo "la storia del pesce povero", mantiene la promessa, il comandante è simpatico, gli faccio i complimenti, sinceri, per il miglior fritto misto che abbia mai assaggiato. torno in stazione in tempo per saltare sul treno, se l'avessi perso avrei dovuto aspettare due ore o pedalare, e il temporale in arrivo mi avrebbe preso in pieno.

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