domenica 19 novembre 2017

too much time

Ani, il nostro autista, dice che stiamo troppo tempo a Jodhpur, e che anche due notti a Pushkar saranno troppe. per lui è inimmaginabile che qualcuno voglia vedere qualcosa che non sia il forte, e che visto il forte non voglia andarsene subito. insomma noi, prendendocela comoda, lo facciamo lavorare poco, e non sono sicuro che gli faccia piacere. ieri uscendo dal mausoleo l'abbiamo trovato addormentato così profondamente che altri due autisti hanno aperto la macchina ridendo, lo hanno scosso, gli hanno fatto il solletico, e l'ho ancora dormiva. quando hanno smesso di ridere abbiamo iniziato a preoccuparci. poi finalmente si è mosso.
oggi l'abbiamo portato (ci ha portati lui, ma sembrava scontento della scelta) al palazzo del maharaja, che per mantenerlo ne ha dedicato una parte (piccola) a museo, una (grande) ad albergo di lusso (tanto di lusso che c'è una banda all'ingresso, che suona ogni volta che arriva un ospite, per dire) , e il resto a sua residenza personale. c'è anche l'esposizione delle sue auto d'epoca, che rende bene l'idea del decadimento: si inizia con una Rolls Royce Phantom I del 27, poi una Rolls Royce Phantom II del 35, poi una Cadillac del 42, una Packard del 45, per finire con una banale Mercedes S degli anni 80, beige. specchio dei tempi.
poi siamo andati ai giardini di Mandore, la vecchia capitale prima della fondazione di Jodhpur. sarebbero belli, se non fosse per la sporcizia, lo sfacelo, l'abbandono. negli stagni in mezzo ai fiori di loto bianchi, viola e rosa, ma galleggiavano bottiglie di plastica e spazzatura. eppure c'era gente in gita, ed erano contenti. l'India è cosi: è come se la bellezza andasse oltre la sporcizia e il degrado, e non ne sia toccata. la filosofia indiana riguarda la sostanza, l'idea di quello che si sta guardando, non l'apparenza. come nello yoga, conta il percorso verso la posizione, l'asana, non la posizione stessa. per questo bisogna imparare a guardare l'India con gli occhi degli indiani, non con i nostri. forse è qui il senso del viaggio, e noi non lo capiremo mai.

valeva il viaggio: l'autista che dice che guida da venticinque anni, ma al cenotafio reale in cima alla collina non c'era mai stato, non sapeva nemmeno che esistesse, e ci ha ringraziato per averlo portato li. era bello, silenzioso e antico, e probabilmente siamo stati gli unici visitatori della giornata.

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