domenica 17 agosto 2014

la città degli angeli

so che non dovrei, ma provo lo stesso a raccontare gli ultimi giorni di viaggio, anche se a un mese di distanza. non sono gli ultimi, lo so. ma ormai sono tornato, los angeles appartiene a un mese fa, il viaggio è finito, e comunque ne era finito un pezzo. un volo dura poco, ma la luce fredda degli aeroporti, le procedure e la noia dell'attesa hanno quell'effetto, producono una cesura spazio-temporale, allontanano due città più di quanto le unisca il volo stesso.

intervallo

dall'alto los angeles è impressionante. larga e piatta, un'enorme scacchiera di inutili caselline popolata di milioni di pedine, che se non fosse delimitata da montagne e mare sembrerebbe infinita. solo poche torri svettano indicando dove si producono i soldi, il resto dall'aereo sembra solo una grande povertà polverosa. dal basso questa sensazione si perde, ci si muove in autostrada e sembra davvero la lombardia, solo che al posto di risaie e campi di mais ci sono capannoni e capannoni.

dal getty center si gode di un'ottima vista, il panorama sarebbe bellissimo se davanti ci fosse qualunque altro posto. forse il senso di un panorama è l'ampiezza della veduta, non quello che ci si trova davanti. quello che manca, al getty, è un panorama al contrario, un posto da cui non si veda los angeles, ma soltanto l'enorme massa bianca insieme morbida e rigorosa del museo.

a santa monica è sempre domenica. c'è il sole, i ristoranti sono pieni e la gente va a spasso in maglietta e pantaloncini, o guida auto decappottabili, e non capisci se stanno cercando parcheggio o solo di mettersi in mostra. i tassametri prendono la carta di credito. i camerieri sono stati in italia o vorrebbero tanto andarci. con un po' di mancia ti dicono quello che vorresti sentire, anche che sanno suonare il mandolino.

chissà dov'è il drugo.

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