venerdì 13 giugno 2008

12-13/6 budapest-milano

belli questi treni internazionali, pieni di gente e di idiomi, di poliziotti che salgono e scendono e ti svegliano nella notte, di americans che si incazzano perché gli chiedono where are you go, perché loro sono american, I can go wherever I want, and if not, I call the army. poi si incazzano perché gli mettono il timbro sul passaporto, sporcandoglielo.
ci sono le svedesone che fanno la fila per andare in bagno a lavarsi i denti e mettersi il pigiama, prima di infilarsi nei sacchi a pelo, su sedili talmente piccoli e scomodi che non ci sto io, figurarsi loro.
c'è il poliziotto italiano distaccato in romania, che racconta stupito di come, dopo aver combattuto i rumeni come nemici per vent'anni, ha poi scoperto una nazione ordinata. e di fa il pendolare ogni fine settimana. ci sono i poliziotti croati che smontano il treno (per davvero, con tanto di chiave inglese e scaletta per guardare nei controsoffitti) per darsi un tono, perché non gli va bene che siamo tutti turisti, loro vogliono il clandestino che gli fa fare il salto di carriera.
ci sono le due indonesiane (carina proprio quella piccola. sembra tascabile, ma fa proprio sesso) che sorridono a tutti e non capiscono un cazzo, nemmeno quando il croato gli dice che non hanno il visto e devono scendere, glie lo spieghiamo io e l'americana scrivendoglielo in inglese sul loro palmare traduttore babelfish, chissà cosa hanno capito. sorridevano, mentre le aiutavo a scaricare le valigie più grosse di loro, in piena notte, al confine tra ungheria e croazia. credo che siano ancora lì abbandonate.
c'è la carovana di russi che sale lungo l'infinito lago balaton, quello con le villette piccole come una stanza ognuna, ma con le colonne e gli archi come le case della barbie. bambini russi che svegliano tutto il vagone con i loro incubi, fanno rimpiangere i tempi quando i russi li mangiavano, invece dei pastoni che si portano dietro nelle borse frigo.
i controllori croati mi fanno pagare per la bici, io non sto lì a spiegargli che è una borsa, per cui un bagaglio, lui cosa ne sa e cosa glie ne frega che dentro c'è una bici, un cavallo o duecento paia di mutande sporche. mi fa pagare anche per la tratta slovena, ovvio che gli sloveni mi fanno pagare di nuovo. ma pace.
di venezia, alle americane, non glie ne frega niente. per loro è solo una stazione in cui cambiare treno, non ne vogliono sapere di fare due passi nelle due ore di attesa, e non mi danno retta.
lusso finale: quel buono delle ferrovie per il ritardo a roma in ottobre è diventato un venezia-milano sull'eurostar in prima classe. sono l'unico senza cravatta o occhiali alla moda. il tizio accanto a me sposta giocatori al telefono come pedoni su una scacchiera, fa e disfa squadre, parla con procuratori e allenatori, e penso che se sapessi qualcosa del calcio, sarei eccitato all'idea di assistere a quei maneggi.

1 commento:

Sammy ha detto...

i tuoi spostamenti in treno valgono una vacanza come un romanzo!